Il 13 agosto, 56° anniversario della promulgazione del
Codice dello Statuto personale tunisino, in migliaia, donne e uomini, si sono
riversati nelle strade di Tunisi per
chiedere l’immediato ritiro della norma[1] inserita nel progetto di riforma della
costituzione che vuole cancellare il principio di parità tra i sessi riducendo la donna
a semplice complemento dell’uomo nell’ambito della famiglia e della società.
Secondo i partiti di opposizione e le numerose associazioni
femminili raggruppate nella “Coalizione per le Donne Tunisine”[2] tale norma, voluta dal partito islamico
moderato Ennahda che domina la coalizione al governo, getta le basi per lo
smantellamento delle norme contenute nel Codice dello Statuto personale
tunisino promulgato nel 1956 da Habib Bourguiba, norme fondate sul principio
della parità di genere di cui la Tunisia vanta un primato nel mondo arabo[3].
La proposta di Ennahda sorprende se si considera che
la parità di genere faceva parte del suo programma elettorale e che solo un
anno fa, nell’agosto del 2011, all’indomani della “rivoluzione dei gelsomini”, il
Consiglio dei ministri aveva adottato un progetto di decreto concernente l’eliminazione
di tutte le riserve fatte dal governo tunisino alla “Convenzione Internazionale sull’eliminazione di ogni
forma di discriminazione nei confronti della donna” (CEDAW) con la legge di ratifica del 1985[4],
ciò che significava l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti della donna e
l’applicazione del principio di eguaglianza di genere in tutti i settori ed
ambiti legislativi dell'ordinamento tunisino.
Al riguardo occorre anche sottolineare che la norma voluta da
Ennahda si muove in senso diametralmente opposto a quello sancito dalla suddetta
Convenzione che all’articolo 2 stabilisce proprio l'obbligo degli stati parte di inserire nella propria costituzione il principio dell'uguaglianza tra uomo e donna[5].
mg
mg
[1]
L’articolo in discussione è il
seguente: ”Lo Stato assicura la protezione dei diritti delle donne e delle
loro conquiste, sotto il principio della complementarietà con l’uomo in seno
alla famiglia e in quanto associata all’uomo nello sviluppo della patria. Lo
Stato garantisce l’eguaglianza delle opportunità per le donne in tutte le
responsabilità. Lo Stato garantisce la lotta contro qualsiasi tipo di violenza
sulle donne.”
[3] Dal 1956, anno del famoso codice di statuto
personale (CSP), emanato dall’allora presidente Bourguiba che aveva fatto della
parità fra i sessi uno dei pilastri della sua politica, la Tunisia è stata
considerata all’avanguardia nel mondo arabo per i diritti della donna. In particolare: la
poligamia è vietata e matrimonio e divorzio sono inquadrati dalla legge e
legati al mutuo consenso dei due partner. Le donne sono uguali agli uomini non
solo in tema di diritti sociali, ma anche per quello che riguarda il diritto al
lavoro e all’educazione.
[4]http://www.hrw.org/fr/news/2011/09/07/tunisie-le-gouvernement-l-ve-ses-restrictions-concernant-la-convention-international
[5] “Articolo 2- Gli Stati Parti condannano la
discriminazione contro le donne in tutte le sue forme, convengono di perseguire
con ogni mezzo appropriato e senza indugio una politica volta ad eliminare la
discriminazione contro le donne e, a tal fine, si impegnano a:
a)
iscrivere il principio dell’uguaglianza dell’uomo e della donna nella loro
costituzione nazionale o in altra
disposizione legislativa appropriata, se non lo hanno ancora fatto, e
assicurare, mediante la legge ed altri
mezzi appropriati, la realizzazione pratica di tale principio;” (…omissis)
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