Nibras Breigheche
Componente del Direttivo dell’Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose, addetta al dialogo interculturale e interreligioso.
il Contributo della donna nella civiltà islamica
Ho ritenuto doveroso accettare l’incarico
di membro del direttivo della nascente Associazione Islamica Italiana degli
Imam e delle Guide Religiose per vari motivi. Uno di questi è che sono una
donna e credo che la presenza attiva e il contributo delle donne musulmane in
tutti i campi sia oggi altrettanto importante che nel passato. Anzi forse oggi
lo è ancora di più, data la diffusione di numerosi pregiudizi che riguardano il
ruolo della donna nell’islam.
Fin dall’inizio della Rivelazione la donna
ha avuto un ruolo importantissimo.
La prima persona che ha creduto nel Profeta
Muhammad*[1] fu
una donna: Khadija
Grande donna d’affari conosciuta alla
Mecca, oltre che per la sua ricchezza, per la sua onestà, la sua generosità e
per le sue qualità morali. Khadija era una grande commerciante, che aveva alle
sue dipendenze numerosi uomini, ai quali dava lavoro. Lo stesso Muhammad*,
aveva lavorato come commerciante alle sue dipendenze. Khadija aveva dato un
importantissimo sostegno morale e materiale al Profeta*, che ha detto di lei:
“Ha
creduto in me prima di chiunque altro, mi ha creduto quando la gente mi accusavadi
falsità e mi ha sostenuto con i suoi beni quando la gente mi ha privato.”
Il sostegno di Khadija al Profeta* fu
quindi fondamentale per la rapida diffusione dell’islam, visto che fu anche
grazie al sostegno economico di Khadija che Muhammad* potè dedicarsi
completamente alla trasmissione del Messaggio.
L’anno in cui Khadija morì, fu chiamato dal
Profeta Muhammad “‛àmu-l-huzn”, ossia “l’anno
della tristezza”, per esprimere il grande vuoto lasciato da Khadija.
Le prime donne che si convertirono
all’islam scelsero l’islam anche perché avevano capito che quel Messaggio
divino costituiva una liberazione da ogni forma di oppressione ed ingiustizia e
quindi anche dalle oppressioni maschiliste che caratterizzavano la società
meccana pre-islamica, e quindi si impegnarono con grande intelligenza e tatto
dando un contributo non indifferente alla diffusione dell’islam stesso.
Tra le tante voglio ricordare Um Shuraik,
che molto astutamente (date le pesanti restrizioni e le violente persecuzioni messe
in atto nei confronti dei primi musulmani) decise di tener nascosta la propria
adesione all’islam per poter muoversi più liberamente tra le donne della Mecca
per parlare loro della nuova Rivelazione che costituiva tra l’altro anche una
liberazione per la donna, che prima dell’avvento dell’islam era praticamente
considerata un oggetto: gli uomini ad es. potevano sposare un numero illimitato
di donne, e alla morte di un uomo il figlio ne ereditava persino le mogli…
L’islam è venuto anche per ridare alla donna la stessa dignità dell’uomo, che
Dio le ha dato fin dalla sua creazione[2].
Grazie all’intelligenza di Umm Sharik molte
donne sentirono parlare dell’islam e divennero musulmane.
‛Umar ibn Al-Khattab (che in seguito
sarebbe diventato il secondo califfo dopo la morte del Profeta*) abbracciò
l’islam grazie alla provocazione che sua sorella gli aveva lanciato. Dopo aver
saputo che sua sorella Fatima era diventata musulmana, ‛Umar si recò da
lei furibondo (prima di diventare lui stesso musulmano ‛Omar era uno dei più
acerrimi nemici dei musulmani), la trovò che stava recitando il Corano insieme
al marito, e la colpì così violentemente da farla sanguinare, lei allora
esclamò: “Recitiamo il Sacro Corano e lo facciamo che ti piaccia o no!”.
Colpito dal coraggio e dalla decisione della risposta di lei, ‛Omar le chiede
di mostrargli i versetti che stava leggendo. E così anche ‛Umar divenne
musulmano grazie al coraggio e alla determinazione di Fatima bint Al-Khattab.
All’inizio della rivelazione i musulmani
furono duramente perseguitati. Uomini e donne venivano barbaramente torturati
perché rinnegassero la loro religione, l’islam. Durante queste persecuzioni
moltissime donne hanno dimostrato un coraggio e una determinazione enormi.
Il primo martire nell’islam fu una donna, Sumaya,
che aveva preferito morire dopo essere stata barbaramente torturata, piuttosto
che rinnegare il proprio credo. I musulmani ricordano con orgoglio il fatto che
fu una donna la prima persona che sacrificò la propria vita in nome del diritto
dell’uomo e della donna di scegliere il proprio credo.
In generale possiamo dire che l’Islam ha dato
a donne e uomini, non solo gli stessi doveri, ma anche gli stessi diritti.
In un hadith il Profeta* promette la
salvezza dall’inferno ai genitori che avranno educato allo stesso modo i figli
maschi e le figlie femmine, per quanto riguarda il diritto all’istruzione i
genitori musulmani hanno l’obbligo di educare allo stesso modo i figli maschi e
le figlie femmine e di dare loro le stesse opportunità. Infatti fin dagli
albori dell’islam le donne frequentavano insieme agli uomini tutte le riunioni
nelle quali il Profeta* insegnava. Una delle conseguenze di ciò è che
moltissimi hadith (= detti del Profeta) ci sono stati trasmessi da
donne.
‛Aicha ad esempio è famosa, tra
l’altro, per aver trasmesso 2.210 tra detti, precetti ed insegnamenti del
Profeta*, che sono dopo il Corano, la seconda fonte della giurisprudenza
islamica. E come ‛Aicha numerose altre donne hanno contribuito alla raccolta e
alla trasmissione dei detti del Profeta*. Dopo la morte di Muhammad* ‛Aicha
divenne il principale punto di riferimento per i musulmani in materia
religiosa, uomini e donne quando avevano un dubbio su una determinata questione
che riguardava il credo o la pratica religiosa si rivolgevano a ‛Aicha. Quando
il Profeta* morì, ‛Aicha era ancora molto giovane ed istruì più di una
generazione di uomini e donne.
Fin dagli albori dell’islam, le donne,
oltre che assistere alle assemblee, discutevano i loro punti di vista alla
presenza del Profeta* e dei califfi, e non esitavano a consigliarli o a
correggerli. Famoso è l’episodio in cui il Profeta fu consigliato dalla moglie Umm
Salamah e non esitò a mettere in pratica con successo il suo consiglio[3].
Un altro episodio molto famoso è quello
della donna che all’interno della moschea di Medina, apostrofò ‛Umar
ibn Al-Khattab, diventato califfo dei musulmani, per
segnalargli un errore di giudizio che lui riconobbe seduta stante. ‛Umar aveva
pensato di porre un limite alle doti che i mariti devono offrire alle loro
spose in occasione del matrimonio. Quando il Califfo dichiarò dal pulpito che
la dote non deve essere superiore a quaranta Dirham, la donna esclamò: “non ne
hai il diritto!”. ‛Umar le chiese perché non avrebbe dovuto avere il diritto di
porre un limite alla dote, e la donna rispose: “perche Iddio ha detto nel
Corano: “…Anche se avessi dato ad una donna un intero tesoro in dote, non
riprendertene la minima parte, lo riprendereste per ingiustizia e peccato
manifesto.” (Q. 4:20 ). Appena
udito ciò ‛Umar disse: “qesta donna ha ragione e ‛Umar ha torto” e proclamò: “o gente avevo
vietato di dare una dote di una somma più alta di quaranta dirham, chiunque
voglia dare in dote quanto gli pare lo faccia pure!”
Al-Shifà’ bint ‛Abdullah bin ‛Abdi Shams, era
un’altra donna conosciuta per la sua intelligenza e per la sua saggezza, veniva
spesso consultata dal Califfo ‛Umar che la stimava molto, le pagava le sue
consulenze e le aveva affidato il controllo amministrativo sul mercato.
Ricopriva in pratica il ruolo di ministro del commercio.
Le donne hanno avuto un ruolo fondamentale
ed insostituibile non solo al tempo del Profeta ma anche durante i secoli
successivi. Numerose erano le donne scienziate nei campi più svariati: dalla
medicina all’astronomia, dalla letteratura alla teologia, dalla ginecologia all’oftalmologia,
dalla pediatria alla dermatologia. Esse erano attive in tutti i campi della
vita pubblica ed avevano dato il loro contributo non solo nell’ambito della
ricerca scientifica e della diffusione della scienza e della conoscenza, ma
anche in ambito economico, politico e sociale. Impossibile citarle tutte,
perché esistono intere enciclopedie storiche in lingua araba in cui sono
elencati i nomi di moltissime di donne e le loro biografie, una di queste è:
“A‛làm al-nisà’” di Omar Rida Kahhala, pubblicata nel 1977 dalle
edizioni Mu’assasat Al-Risàla.
D’altronde sono, oltre agli insegnamenti
del Profeta, gli stessi versetti del Corano che invitano uomini e donne a
collaborare, ad impegnarsi gli uni a fianco delle altre e a dare ciascuno il
proprio contributo per il benessere in questa vita e nell’aldilà. Dice
l’Altissimo nel Santo Corano: “I credenti e le credenti sono alleati gli uni
degli altri, ordinano il bene e proibiscono ciò che è riprovevole…”(9:71,72)
“In verità non farò andare perduto nulla di
quello che fate, uomini o donne che siate, perché gli uni venite dagli
altri…”(3:195)
“In verità per i musulmani e le musulmane,
per i credenti e le credenti,… per i leali e le leali, per i benefattori e le
benefattrici, per quelli che spesso ricordano Dio e per quelle che spesso
ricordano Dio, Dio ha disposto perdono ed enorme ricompensa.” (33:35)
“Daremo in terra una
vita eccellente a chi, credente, maschio o femmina che sia, si comporti bene e
nela vita futura adeguata ricompensa.” (16:97)
Un’altra donna molto conosciuta è Zubayda
bint Ja’far, vissuta tra il 145 h.[4] e il
216 h. (fine dell’VIII secolo d.C.) moglie di Harun Al-Rashid, capo dello Stato
islamico in uno dei periodi più fiorenti della storia del mondo islamico. Era
una grande poetessa e amava adornare le sue stanze con tende decorate con le
sue poesie più belle. Aveva insegnato a leggere e a scrivere a ben 100 delle
dame di corte che vivevano nel suo palazzo. Si occupava anche di moda e aveva
introdotto numerose novità per quanto riguarda l’abbigliamento femminile. Era
conosciuta per la sua saggezza e la sua intelligenza e per questo era una delle
principali consigliere del califfo, suo marito. Aveva contribuito con il
proprio patrimonio personale alla costruzione di scuole, ospedali, moschee e
acquedotti. L’opera che l’ha resa famosa è la costruzione di un importantissimo
acquedotto costruito interamente a sue spese alle porte della Mecca, acquedotto
che ha preso il suo nome: ‘Ain Zubayda, l’acquedotto di Zubayda. Nell’anno 186
h. Zubayda si era recata in pellegrinaggio alla Mecca e aveva notato che uno
dei principali problemi dei pellegrini era la scarsità d’acqua, aveva quindi
ordinato la costruzione di un’imponente acquedotto che rendeva l’acqua
disponibile non solo alla Mecca ma anche per diversi chilometri attorno alla
Mecca, visto che i pellegrini venivano da ogni parte del mondo.
Sakina bint Al-Hussain ibn ‛Ali era una
grande poetessa, la sua casa era diventata una scuola di poesia e un luogo
d’incontro per poeti e letterati che venivano a confrontarsi con lei, a
imparare da lei e a recitare le loro poesie, e lei giudicava quali fossero le
migliori
‛Aicha bint Talha era praticamente
cresciuta in casa del Profeta*, era stata allieva di Aicha la moglie del
Profeta*. Sua madre era Umm Kulthum bint Abi Bakr Al-Siddiq. divenne una
scienziata nel campo dell’astronomia, oltre alla sua profonda conoscenza delle
scienze del Hadith, della poesia araba e della storia degli Arabi. Era conosciuta anche per la bellezza del
suo viso e per la sua eleganza, riceveva a casa sua scienziati, poeti e
letterati per confrontarsi con loro e per istruirli.
‛Amra bint ‛Abdirrahman era stata anche
lei un’allieva di ‘Aicha ed era una scienziata nel campo della giurisprudenza
islamica. Grandi scienziati come Al-Zohri e Yahya ibn Ma‛in ed altri furono
suoi allievi. Quando il califfo Omar ibn ‛Abdel‛aziz ordinò che i Hadith
venissero raccolti per iscritto, raccomandò che venissero trascritti tutti i
Hadith riportati da ‛Amra.
Nafisa bint Hasan ibn Zayd ibn Hassan ibn
‛Ali, era nata alla Mecca nel 145 h. (762 d.C.). Scienziata nel campo del tafsìr,
l’esegesi del Corano. Uno dei suoi più celebri allievi è stato Al-Shafi‛i, nel
periodo in cui visse in Egitto.
Ukht al-Hafid ibn Zohr: era una
scienziata nel campo della medicina, vissuta in Andalusia ai tempi del califfo
Al-Mansùr Abu Yusef. Erano scienziate in medicina anche le due figlie di Al-Hafid
ibn Zohr e Bint Dahn Al-luz Al-Dimashqiya, specializzate nella pediatria
e nella ginecologia.
Numerose donne musulmane conoscevano e
praticavano la medicina già agli albori dell’islam, tra queste: Rufaida, Um
Salim, Um Sinan, Amina bint Qays Al-Ghifariya, Ku‛ayba bint Sa‛d
Al-Aslamiya, e Al-Shifà’ bint ‛Abdullah.
Um ‛Atiya Al-Ansariya era specializzata
nella pediatria e nella chirurgia e praticava la circoncisione.
Rufayda Al-‘Aslamia era un’esperta
infermiera e aveva creato il primo ospedale da campo, al tempo del Profeta
Muhammad, durante la battaglia di Al-Khandaq, una delle battaglie più
impegnative. Era costituito da una tenda in cui Rufaida curava i feriti.
Al tempo degli Omayyadi: Zaynab, Tabibat
Bani Aud, era specializzata nell’oftalmologia.
Dice Gustave Lebon nel suo libro La
civiltà araba:[5] ”Il fatto che moltissime
donne fossero celebri per l’alto livello delle loro conoscenze sia nel campo
della letteratura che delle scienze dimostra l’importanza del ruolo delle donne
per il fiorire della civiltà islamica. Troviamo nel periodo in cui governavano
gli Abbasidi un numero non indifferente di scienziate in Oriente, e nel periodo
in cui governava la dinastia degli Omayyadi le scienziate erano altrettanto
numerose in Spagna.”
I secoli che seguirono furono nel mondo
islamico secoli di stagnazione e di decadenza. dal punto di vista scientifico
ci fu quasi un arresto della ricerca e una notevole diminuzione della
produzione di testi che trattavano di argomenti scientifici e religiosi.
Diminuì così anche il numero delle donne impegnate in questo campo. Con
l’estendersi del mondo islamico inoltre si diffusero pratiche, credenze e
consuetudini pre-islamiche che per ignoranza venivano attribuite all’islam
stesso. Molte di queste credenze riguardavano il ruolo della donna, che venne
in molti casi messo in secondo piano
Nonostante il diffondersi di queste
credenze e le conseguenti difficoltà, numerose furono le donne che ebbero la
possibilità di istruirsi e di istruire, con la differenza rispetto ai secoli
precedenti, che la maggior parte di loro appartenevano alle classi più alte
della società. Alcune di loro oltre ad aver istruito numerose donne, istruirono
anche numerosi uomini, come ad es:
Asmà’ bint Ibrahim, morta nel 1308 d.C., insegnava Corano e le scienze legate al Corano.
Alif
bint ‛Abdallah ibn ‛Ali Al-Kattani, morta nel 1474 d.C., che aveva insegnato
tra gli altri anche al Sakhawi.
E molte altre
scienziate
che popolavano le fastose corti di quel tempo, venivano invitate dai califfi e
dai principi ad istruirli e ad istruire i loro figli.
Dal 1200 in poi molte delle scuole più famose del
mondo arabo erano state aperte grazie a donne che avevano investito parte del
proprio patrimonio per la costruzione di scuole.
Ad es. le due più famose scuole di Damasco
erano state costruite a spese di Sitt
Al-Sham bint Ayyub ben Shadi, la sorella di Salah Al-Din Al-Ayyubi, morta
nel 1219 d.C..
Altre due importanti scuole di Damasco sono
state istituite rispettivamente da Khadija
bint Al-Malek Sharafeddin (1261) e ‛Aicha la moglie di Shuja‛eddin Al-Dammagh.
Anche quando il mondo arabo islamico è
stato colonizzato, le donne hanno avuto un ruolo importante, basti ricordare a
questo proposito i nomi di quattro donne: Aicha
Taimur, Zaynab Fuaz, Anisa Shartuni (nata a Beirut nel 1883) e Malak Hafni Nasef. Queste 4
donne si sono preoccupate in particolare di migliorare la situazione della
donna durante il colonialismo e dell’importanza della sua istruzione.
Aicha Taimur ad es. era
egiziana, nata al Cairo nel 1840, profonda conoscitrice della grammatica e
della letteratura araba e della giurisprudenza islamica. È autrice di tre
raccolte di poesie: in arabo, in turco e in persiano, e di un poema. Autrice
anche di numerosi articoli in cui parla dell’importanza dell’istruzione della
donna e della sua partecipazione attiva in tutti i campi della vita sociale.
Non posso non ricordare a questo punto una donna molto conosciuta nel mondo arabo per il suo impegno e per la sua determinazione: Zainab Al-Ghazali. Durante gli anni ’50 e ’60, durante il sanguinario governo di Nasser (Egitto), furono imprigionati migliaia di oppositori politici, molti dei quali hanno subito la pena capitale. di conseguenza molte famiglie si sono trovate in difficoltà tra l’altro anche economica. Zaynab Al-Ghazali ha costituito un’associazione per sostenere le famiglie dei prigionieri politici ed era molto impegnata per aiutare le persone socialmente in difficoltà. Per questo motivo è stata lei stessa imprigionata per più di vent’anni ed è stata sottoposta a torture indescrivibili. È sopravvissuta a tutto questo e una volta uscita di prigione nonostante il suo fisico fosse ormai debilitato da tutto ciò che aveva subito, ha continuato la sua attività al servizio dei più deboli. È autrice di un libro, un’autobiografia intitolata Ayyam min hayati, un libro molto toccante che spero venga tradotto in italiano.
Concludo citando Tawakkul Karman,
una donna musulmana praticante che porta il velo che ha ricevuto nel 2011,
insieme ad altre due donne, il Premio Nobel per la Pace , “per la loro
battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto
alla piena partecipazione nell'opera di costruzione della pace", un
riconoscimento internazionale per il suo impegno per la libertà, la democrazia
e il rispetto dei diritti umani di tutti i popoli che chiedono libertà e
dignità. La Karman ,
più volte arrestata durante le manifestazioni pacifiche, è una giornalista
yemenita, madre di tre figli, avvocato, fondatrice e presidente
dell'associazione 'Giornaliste senza catene', membro del partito politico
“Raggruppamento yemenita per la riforma”, branca yemenita dei Fratelli
Musulmani.
Come donna considero questo premio un riconoscimento all'impegno di tutte le donne musulmane che si sono battute e che si stanno battendo pacificamente, a fianco degli uomini, in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, in Siria o in qualsiasi altra parte del mondo. Durante la “Primavera Araba” le donne sono sempre state in prima fila insieme agli uomini per chiedere pacificamente libertà, dignità e democrazia, pagando molto spesso con la loro stessa vita, o con quella dei loro cari. La storia è e sarà testimone anche di questo loro grande contributo per il progresso dell’umanità verso il dialogo e la convivenza pacifica.
Come donna considero questo premio un riconoscimento all'impegno di tutte le donne musulmane che si sono battute e che si stanno battendo pacificamente, a fianco degli uomini, in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, in Siria o in qualsiasi altra parte del mondo. Durante la “Primavera Araba” le donne sono sempre state in prima fila insieme agli uomini per chiedere pacificamente libertà, dignità e democrazia, pagando molto spesso con la loro stessa vita, o con quella dei loro cari. La storia è e sarà testimone anche di questo loro grande contributo per il progresso dell’umanità verso il dialogo e la convivenza pacifica.
Bibliografia:
مة المعاصرة, مؤسسة الرسالةفصة احمد حسن, أصول تربية المرأة المسلح
Hafsa Ahmad Hasan, La
donna musulmana di oggi, Resalah Publishers, Beirut (Libano) 2001
[1] L’asterisco indica
l’eulogia “Che la Pace
e la Benedizione
di Allah siano su di lui” che i musulmani, in ottemperanza a un’indicazione
coranica e a una tradizione profetica, fanno seguire alla menzione del Profeta
Muhammad.
[2] Dio ha responsabilizzato
allo stesso modo uomo e donna fin dal primo giorno della loro creazione,
raccomandando loro di fare determinate cose e vietandone loro altre, nel Corano
Dio, parlando in prima persona, dice: “Oh Adamo abita il Paradiso, tu e la
tua sposa, saziatevene ovunque a vostro piacere e non avvicinatevi a
quest’albero, perché in tal caso sareste tutti e due tra gli empi.” (Q.
2:35). Quando Adamo ed Eva disobbedirono, Dio ha rivolto loro lo stesso
rimprovero: “Il loro Signore li richiamò: non vi avevo vietato quell’albero?
Non vi avevo detto che Satana è il vostro dichiarato nemico?” (Q. 7:22)
[3] Questo episodio avvenne in
occasione del Patto di Hudaybyya, si veda al riguardo pag. 201 di Tariq
Ramadan, Maometto, Einaudi 2007
[4] H. sta per Hijra,
conosciuta come Egira, l’emigrazione del Profeta Muhammad verso Medina,
avvenuta nel 622 d.C., data che segna l’inizio del calendario islamico.
[5] Editions Minerva, S.A., Genève, 1974
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