Presidente ADMI, Associazione Donne Musulmane in
Italia, membro dell’European Forum of Muslim Women (EFOMW)
1- LA DONNA ARABA AGLI ALBORI
DELL’ISLAM: TEOLOGHE, FILOSOFE E SCIENZIATE
Fin
dall’inizio della Rivelazione la donna ha avuto un ruolo importantissimo.
La
prima persona che ha creduto nel Profeta Muhammad* fu una donna: Khadija.
Grande
donna d’affari conosciuta alla Mecca, oltre che per la sua ricchezza, per la
sua onestà, la sua generosità e per le sue qualità morali. Khadija era una
grande commerciante, che aveva alle sue dipendenze numerosi uomini, ai quali
dava lavoro. Lo stesso Muhammad*, aveva lavorato come commerciante alle sue
dipendenze. Khadija aveva dato un importantissimo sostegno morale e materiale
al Profeta*, che ha detto di lei:
“Ha creduto in me prima di chiunque altro, mi
ha creduto quando la gente mi accusavadi falsità e mi ha sostenuto con i suoi
beni quando la gente mi ha privato.”
Il
sostegno di Khadija al Profeta* fu quindi fondamentale per la rapida diffusione
dell’islam, visto che fu anche grazie al sostegno economico di Khadija che
Muhammad* potè dedicarsi completamente alla trasmissione del Messaggio.
L’anno
in cui Khadija morì, fu chiamato dal Profeta Muhammad “‛àmu-l-huzn”, ossia
“l’anno della tristezza”, per esprimere il grande vuoto lasciato da Khadija.
Le
prime donne che si convertirono all’islam scelsero l’islam anche perché avevano
capito che quel Messaggio divino costituiva una liberazione da ogni forma di
oppressione ed ingiustizia e quindi anche dalle oppressioni maschiliste che
caratterizzavano la società meccana pre-islamica, e quindi si impegnarono con
grande intelligenza e tatto dando un contributo non indifferente alla
diffusione dell’islam stesso.
Tra
le tante voglio ricordare Um Shuraik, che molto astutamente (date le pesanti
restrizioni e le violente persecuzioni messe in atto nei confronti dei primi
musulmani) decise di tener nascosta la propria adesione all’islam per poter
muoversi più liberamente tra le donne della Mecca per parlare loro della nuova
Rivelazione che costituiva tra l’altro anche una liberazione per la donna, che
prima dell’avvento dell’islam era praticamente considerata un oggetto: gli
uomini ad es. potevano sposare un numero illimitato di donne, e alla morte di
un uomo il figlio ne ereditava persino le mogli… L’islam è venuto anche per
ridare alla donna la stessa dignità dell’uomo, che Dio le ha dato fin dalla sua
creazione .
Grazie
all’intelligenza di Umm Sharik molte donne sentirono parlare dell’islam e
divennero musulmane.
‛Umar
ibn Al-Khattab (che in seguito sarebbe diventato il secondo califfo dopo la
morte del Profeta*) abbracciò l’islam grazie alla provocazione che sua sorella
gli aveva lanciato. Dopo aver saputo che sua sorella Fatima era diventata
musulmana, ‛Umar si recò da lei furibondo (prima di diventare lui stesso
musulmano ‛Omar era uno dei più acerrimi nemici dei musulmani), la trovò che
stava recitando il Corano insieme al marito, e la colpì così violentemente da
farla sanguinare, lei allora esclamò: “Recitiamo il Sacro Corano e lo facciamo
che ti piaccia o no!”. Colpito dal coraggio e dalla decisione della risposta di
lei, ‛Omar le chiede di mostrargli i versetti che stava leggendo. E così anche
‛Umar divenne musulmano grazie al coraggio e alla determinazione di Fatima bint
Al-Khattab.
All’inizio
della rivelazione i musulmani furono duramente perseguitati. Uomini e donne
venivano barbaramente torturati perché rinnegassero la loro religione, l’islam.
Durante queste persecuzioni moltissime donne hanno dimostrato un coraggio e una
determinazione enormi.
Il
primo martire nell’islam fu una donna, Sumaya, che aveva preferito morire dopo
essere stata barbaramente torturata, piuttosto che rinnegare il proprio credo.
I musulmani ricordano con orgoglio il fatto che fu una donna la prima persona
che sacrificò la propria vita in nome del diritto dell’uomo e della donna di
scegliere il proprio credo.
In
generale possiamo dire che l’Islam ha dato a donne e uomini, non solo gli
stessi doveri, ma anche gli stessi diritti.
In
un hadith il Profeta* promette la salvezza dall’inferno ai genitori che avranno
educato allo stesso modo i figli maschi e le figlie femmine, per quanto
riguarda il diritto all’istruzione i genitori musulmani hanno l’obbligo di
educare allo stesso modo i figli maschi e le figlie femmine e di dare loro le
stesse opportunità. Infatti fin dagli albori dell’islam le donne frequentavano
insieme agli uomini tutte le riunioni nelle quali il Profeta* insegnava. Una
delle conseguenze di ciò è che moltissimi hadith (= detti del Profeta) ci sono
stati trasmessi da donne.
‛Aicha
ad esempio è famosa, tra l’altro, per aver trasmesso 2.210 tra detti, precetti
ed insegnamenti del Profeta*, che sono dopo il Corano, la seconda fonte della
giurisprudenza islamica. E come ‛Aicha numerose altre donne hanno contribuito
alla raccolta e alla trasmissione dei detti del Profeta*. Dopo la morte di
Muhammad* ‛Aicha divenne il principale punto di riferimento per i musulmani in
materia religiosa, uomini e donne quando avevano un dubbio su una determinata
questione che riguardava il credo o la pratica religiosa si rivolgevano a
‛Aicha. Quando il Profeta* morì, ‛Aicha era ancora molto giovane ed istruì più
di una generazione di uomini e donne.
Fin
dagli albori dell’islam, le donne, oltre che assistere alle assemblee,
discutevano i loro punti di vista alla presenza del Profeta* e dei califfi, e
non esitavano a consigliarli o a correggerli. Famoso è l’episodio in cui il
Profeta fu consigliato dalla moglie Umm Salamah e non esitò a mettere in
pratica con successo il suo consiglio .
Un
altro episodio molto famoso è quello della donna che all’interno della moschea
di Medina, apostrofò ‛Umar ibn Al-Khattab, diventato califfo dei musulmani, per
segnalargli un errore di giudizio che lui riconobbe seduta stante. ‛Umar aveva
pensato di porre un limite alle doti che i mariti devono offrire alle loro
spose in occasione del matrimonio. Quando il Califfo dichiarò dal pulpito che
la dote non deve essere superiore a quaranta Dirham, la donna esclamò: “non ne
hai il diritto!”. ‛Umar le chiese perché non avrebbe dovuto avere il diritto di
porre un limite alla dote, e la donna rispose: “perche Iddio ha detto nel
Corano: “…Anche se avessi dato ad una donna un intero tesoro in dote, non
riprendertene la minima parte, lo riprendereste per ingiustizia e peccato
manifesto.” (Q. 4:20 ). Appena udito
ciò ‛Umar disse: “qesta donna ha ragione e
‛Umar ha torto” e proclamò: “o gente avevo vietato di dare una dote di
una somma più alta di quaranta dirham, chiunque voglia dare in dote quanto gli
pare lo faccia pure!”
Al-Shifà’
bint ‛Abdullah bin ‛Abdi Shams, era un’altra donna conosciuta per la sua
intelligenza e per la sua saggezza, veniva spesso consultata dal Califfo ‛Umar
che la stimava molto, le pagava le sue consulenze e le aveva affidato il
controllo amministrativo sul mercato. Ricopriva in pratica il ruolo di ministro
del commercio.
Le
donne hanno avuto un ruolo fondamentale ed insostituibile non solo al tempo del
Profeta ma anche durante i secoli successivi. Numerose erano le donne scienziate
nei campi più svariati: dalla medicina all’astronomia, dalla letteratura alla
teologia, dalla ginecologia all’oftalmologia, dalla pediatria alla
dermatologia. Esse erano attive in tutti i campi della vita pubblica ed avevano
dato il loro contributo non solo nell’ambito della ricerca scientifica e della
diffusione della scienza e della conoscenza, ma anche in ambito economico,
politico e sociale. Impossibile citarle tutte, perché esistono intere
enciclopedie storiche in lingua araba in cui sono elencati i nomi di moltissime
di donne e le loro biografie, una di queste è: “A‛làm al-nisà’” di Omar Rida
Kahhala, pubblicata nel 1977 dalle edizioni Mu’assasat Al-Risàla.
D’altronde
sono, oltre agli insegnamenti del Profeta, gli stessi versetti del Corano che
invitano uomini e donne a collaborare, ad impegnarsi gli uni a fianco delle
altre e a dare ciascuno il proprio contributo per il benessere in questa vita e
nell’aldilà. Dice l’Altissimo nel Santo Corano: “I credenti e le credenti sono
alleati gli uni degli altri, ordinano il bene e proibiscono ciò che è
riprovevole…”(9:71,72)
“In
verità non farò andare perduto nulla di quello che fate, uomini o donne che
siate, perché gli uni venite dagli altri…”(3:195)
“In
verità per i musulmani e le musulmane, per i credenti e le credenti,… per i
leali e le leali, per i benefattori e le benefattrici, per quelli che spesso
ricordano Dio e per quelle che spesso ricordano Dio, Dio ha disposto perdono ed
enorme ricompensa.” (33:35)
“Daremo
in terra una vita eccellente a chi, credente, maschio o femmina che sia, si
comporti bene e nela vita futura adeguata ricompensa.” (16:97)
Un’altra
donna molto conosciuta è Zubayda bint Ja’far, vissuta tra il 145 h. e il 216 h. (fine dell’VIII secolo d.C.)
moglie di Harun Al-Rashid, capo dello Stato islamico in uno dei periodi più
fiorenti della storia del mondo islamico. Era una grande poetessa e amava
adornare le sue stanze con tende decorate con le sue poesie più belle. Aveva
insegnato a leggere e a scrivere a ben 100 delle dame di corte che vivevano nel
suo palazzo. Si occupava anche di moda e aveva introdotto numerose novità per
quanto riguarda l’abbigliamento femminile. Era conosciuta per la sua saggezza e
la sua intelligenza e per questo era una delle principali consigliere del califfo,
suo marito. Aveva contribuito con il proprio patrimonio personale alla
costruzione di scuole, ospedali, moschee e acquedotti. L’opera che l’ha resa
famosa è la costruzione di un importantissimo acquedotto costruito interamente
a sue spese alle porte della Mecca, acquedotto che ha preso il suo nome: ‘Ain
Zubayda, l’acquedotto di Zubayda. Nell’anno 186 h. Zubayda si era recata in
pellegrinaggio alla Mecca e aveva notato che uno dei principali problemi dei
pellegrini era la scarsità d’acqua, aveva quindi ordinato la costruzione di
un’imponente acquedotto che rendeva l’acqua disponibile non solo alla Mecca ma
anche per diversi chilometri attorno alla Mecca, visto che i pellegrini
venivano da ogni parte del mondo.
Sakina
bint Al-Hussain ibn ‛Ali era una grande poetessa, la sua casa era diventata una
scuola di poesia e un luogo d’incontro per poeti e letterati che venivano a
confrontarsi con lei, a imparare da lei e a recitare le loro poesie, e lei
giudicava quali fossero le migliori
‛Aicha
bint Talha era praticamente cresciuta in casa del Profeta*, era stata allieva
di Aicha la moglie del Profeta*. Sua madre era Umm Kulthum bint Abi Bakr
Al-Siddiq. divenne una scienziata nel campo dell’astronomia, oltre alla sua
profonda conoscenza delle scienze del Hadith, della poesia araba e della storia
degli Arabi.
Era
conosciuta anche per la bellezza del suo viso e per la sua eleganza, riceveva a
casa sua scienziati, poeti e letterati per confrontarsi con loro e per
istruirli.
‛Amra
bint ‛Abdirrahman era stata anche lei un’allieva di ‘Aicha ed era una
scienziata nel campo della giurisprudenza islamica. Grandi scienziati come
Al-Zohri e Yahya ibn Ma‛in ed altri furono suoi allievi. Quando il califfo Omar
ibn ‛Abdel‛aziz ordinò che i Hadith venissero raccolti per iscritto, raccomandò
che venissero trascritti tutti i Hadith riportati da ‛Amra.
Nafisa
bint Hasan ibn Zayd ibn Hassan ibn ‛Ali, era nata alla Mecca nel 145 h. (762
d.C.). Scienziata nel campo del tafsìr, l’esegesi del Corano. Uno dei suoi più
celebri allievi è stato Al-Shafi‛i, nel periodo in cui visse in Egitto.
Ukht
al-Hafid ibn Zohr: era una scienziata nel campo della medicina, vissuta in
Andalusia ai tempi del califfo Al-Mansùr Abu Yusef. Erano scienziate in
medicina anche le due figlie di Al-Hafid ibn Zohr e Bint Dahn Al-luz
Al-Dimashqiya, specializzate nella pediatria e nella ginecologia.
Numerose
donne musulmane conoscevano e praticavano la medicina già agli albori
dell’islam, tra queste: Rufaida, Um Salim, Um Sinan, Amina bint Qays
Al-Ghifariya, Ku‛ayba bint Sa‛d Al-Aslamiya, e Al-Shifà’ bint ‛Abdullah.
Um
‛Atiya Al-Ansariya era specializzata nella pediatria e nella chirurgia e
praticava la circoncisione.
Rufayda
Al-‘Aslamia era un’esperta infermiera e aveva creato il primo ospedale da
campo, al tempo del Profeta Muhammad, durante la battaglia di Al-Khandaq, una
delle battaglie più impegnative. Era costituito da una tenda in cui Rufaida
curava i feriti.
Al
tempo degli Omayyadi: Zaynab, Tabibat Bani Aud, era specializzata
nell’oftalmologia.
Dice
Gustave Lebon nel suo libro La civiltà araba:
”Il fatto che moltissime donne fossero celebri per l’alto livello delle
loro conoscenze sia nel campo della letteratura che delle scienze dimostra
l’importanza del ruolo delle donne per il fiorire della civiltà islamica.
Troviamo nel periodo in cui governavano gli Abbasidi un numero non indifferente
di scienziate in Oriente, e nel periodo in cui governava la dinastia degli
Omayyadi le scienziate erano altrettanto numerose in Spagna.”
I
secoli che seguirono furono nel mondo islamico secoli di stagnazione e di
decadenza. dal punto di vista scientifico ci fu quasi un arresto della ricerca
e una notevole diminuzione della produzione di testi che trattavano di
argomenti scientifici e religiosi. Diminuì così anche il numero delle donne
impegnate in questo campo. Con l’estendersi del mondo islamico inoltre si
diffusero pratiche, credenze e consuetudini pre-islamiche che per ignoranza
venivano attribuite all’islam stesso. Molte di queste credenze riguardavano il
ruolo della donna, che venne in molti casi messo in secondo piano
Nonostante
il diffondersi di queste credenze e le conseguenti difficoltà, numerose furono
le donne che ebbero la possibilità di istruirsi e di istruire, con la
differenza rispetto ai secoli precedenti, che la maggior parte di loro
appartenevano alle classi più alte della società. Alcune di loro oltre ad aver
istruito numerose donne, istruirono anche numerosi uomini, come ad es:
Shahda
Al-Daynuryya,. Era una delle più grandi scienziate e scrittrici del suo tempo.
Nacque a Baghdad e morì nel 574 h., dava lezioni di storia e di poesia, tra i
suoi allievi c’era anche il celebre scrittore e filosofo Ibn Al-Jawzi e
Al-Shafi‛i
Asmà’
bint Ibrahim, morta nel 1308 d.C., insegnava Corano e le scienze legate al
Corano.
Alif
bint ‛Abdallah ibn ‛Ali Al-Kattani, morta nel 1474 d.C., che aveva insegnato
tra gli altri anche al Sakhawi.
E
molte altre scienziate che popolavano le fastose corti di quel tempo, venivano
invitate dai califfi e dai principi ad istruirli e ad istruire i loro figli.
Dal
1200 in poi molte delle scuole più famose del mondo arabo erano state aperte
grazie a donne che avevano investito parte del proprio patrimonio per la
costruzione di scuole.
Ad
es. le due più famose scuole di Damasco erano state costruite a spese di Sitt
Al-Sham bint Ayyub ben Shadi, la sorella di Salah Al-Din Al-Ayyubi, morta nel
1219 d.C..
Altre
due importanti scuole di Damasco sono state istituite rispettivamente da
Khadija bint Al-Malek Sharafeddin (1261) e ‛Aicha la moglie di Shuja‛eddin
Al-Dammagh.
Anche
quando il mondo arabo islamico è stato colonizzato, le donne hanno avuto un
ruolo importante, basti ricordare a questo proposito i nomi di quattro donne:
Aicha Taimur, Zaynab Fuaz, Anisa Shartuni (nata a Beirut nel 1883) e Malak
Hafni Nasef. Queste 4 donne si sono preoccupate in particolare di migliorare la
situazione della donna durante il colonialismo e dell’importanza della sua
istruzione.
Aicha
Taimur ad es. era egiziana, nata al Cairo nel 1840, profonda conoscitrice della
grammatica e della letteratura araba e della giurisprudenza islamica. È autrice
di tre raccolte di poesie: in arabo, in turco e in persiano, e di un poema.
Autrice anche di numerosi articoli in cui parla dell’importanza dell’istruzione
della donna e della sua partecipazione attiva in tutti i campi della vita
sociale.
Non
posso non ricordare a questo punto una donna molto conosciuta nel mondo arabo
per il suo impegno e per la sua determinazione: Zainab Al-Ghazali. Durante gli
anni ’50 e ’60, durante il sanguinario governo di Nasser (Egitto), furono
imprigionati migliaia di oppositori politici, molti dei quali hanno subito la
pena capitale. di conseguenza molte famiglie si sono trovate in difficoltà tra
l’altro anche economica. Zaynab Al-Ghazali ha costituito un’associazione per
sostenere le famiglie dei prigionieri politici ed era molto impegnata per
aiutare le persone socialmente in difficoltà. Per questo motivo è stata lei
stessa imprigionata per più di vent’anni ed è stata sottoposta a torture
indescrivibili. È sopravvissuta a tutto questo e una volta uscita di prigione
nonostante il suo fisico fosse ormai debilitato da tutto ciò che aveva subito,
ha continuato la sua attività al servizio dei più deboli.
È
autrice di un libro, un’autobiografia intitolata Ayyam min hayati, un libro
molto toccante che spero venga tradotto in italiano.
Concludo
citando Tawakkul Karman, una donna musulmana praticante che porta il velo che
ha ricevuto nel 2011, insieme ad altre due donne, il Premio Nobel per la Pace,
“per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del
loro diritto alla piena partecipazione nell'opera di costruzione della
pace", un riconoscimento internazionale per il suo impegno per la libertà,
la democrazia e il rispetto dei diritti umani di tutti i popoli che chiedono
libertà e dignità. La Karman, più volte arrestata durante le manifestazioni
pacifiche, è una giornalista yemenita, madre di tre figli, avvocato, fondatrice
e presidente dell'associazione
'Giornaliste senza catene', membro del partito politico “Raggruppamento
yemenita per la riforma”, branca yemenita dei Fratelli Musulmani.
Come
donna considero questo premio un riconoscimento all'impegno di tutte le donne
musulmane che si sono battute e che si stanno battendo pacificamente, a fianco
degli uomini, in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, in Siria o in qualsiasi altra
parte del mondo. Durante la “Primavera Araba” le donne sono sempre state in
prima fila insieme agli uomini per chiedere pacificamente libertà, dignità e
democrazia, pagando molto spesso con la loro stessa vita, o con quella dei loro
cari. La storia è e sarà testimone anche di questo loro grande contributo per
il progresso dell’umanità verso il dialogo e la convivenza pacifica.
Testo
preparato dalla dottoressa:Nibras Breigheche Membro del
direttivo nazionale delle Associazione Donne Musulmane d’Italia (ADMI), Membro del
direttivo dell’Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide
Religiose, Addetta al
dialogo interculturale e interreligioso
Bibliografia:
مة المعاصرة, مؤسسة الرسالةفصة احمد حسن, أصول تربية المرأة المسلح
Hafsa
Ahmad Hasan, La donna musulmana di oggi, Resalah Publishers, Beirut (Libano)
2001
2- Il ruolo della donna nei diversi contesti politici del mondo arabo e nelle odierne rivoluzioni . La primavera araba E le sue ricadute sulle donne immigrate
Vi saluto con
il saluto dell’islam, pace su di voi, e vi ringrazio per questo seminario ben
studiato che ha voluto evidenziare il ruolo delle donne arabe e musulmane nel
cambiamento che sta avvenendo dall’altra parte della sponda del Mediterraneo,
stiamo vivendo un periodo storico, gli
anni 2011 e 2012, passeranno alla storia
umana come anni del cambiamento radicale per i popoli arabi e islamici, che
sono scesi nelle piazze per chiedere libertà , dignità, diritti umani e
giustizia sociale.
Quello che
sta succedendo nel mondo arabo, sta a dimostrare che è terminato un periodo nel
quale quasi tutti i paesi arabi hanno convissuto con la paura.
Hanno
convissuto con la repressione, spesso feroce, con sistemi assolutamente
autoritari, dittatoriali, dispotici, con una componente di corruzione molto
evidente, con dei regimi che hanno escluso per anni buona parte della
popolazione dalla partecipazione alla vita pubblica e politica, non solo
impaurendo ma anche rimproverando.
Le
manifestazioni popolari hanno dimostrato che il clima di paura e di terrore è
terminato e siamo di fronte all’avvio di un nuovo processo politico e sociale,
le popolazioni dei paesi arabi non sono più disposte a sopportare né le
condizioni economiche né le condizioni politiche in qui vivevano da anni.
C’è da dire
che questi movimenti non nascono dal nulla, non nascono come mera sollevazione
spontanea per rivendicare il pane; stiamo parlando di popoli che hanno una
storia millenaria, hanno una coscienza e un senso di sé come tanti altri popoli
nel mondo, soprattutto hanno una storia di lotta di liberazione dal giogo del
potere colonialista.
In alcuni
periodi le popolazioni si sono mosse in termini di rivolta, di ribellioni,
anche se essendo popolazioni disarmate senza aiuti esterni, spesso sono state
represse nel sangue.
Molti degli
attivisti sono stati torturati, incarcerati, esiliati, spesso con il silenzio e
il sostegno delle grande potenze che sono rimasti in silenzio rispetto alle
violazioni di diritti elementari delle popolazioni.
Abbiamo
assistito All'ondate di rivolte che ha coinvolto la Tunisia, l'Egitto, la Libia
e lo Yemen e siamo di fronte alla rivoluzione siriana che dura da 14 mesi,
tutti questi popoli hanno avuto un unico obiettivo quello di abbattere i regimi
dittatoriali al potere da decenni di anni e riconquistare libertà, democrazia,
diritti umani e giustizia sociale.
qui eventi
hanno smentito le teorie di coloro che sostengono che il mondo arabo non abbia
altre possibilità se non quella di vivere sotto il giogo assassino della
dittatura o sotto quello del totalitarismo islamico.
il mondo
intero è testimone che i popoli arabi hanno manifestato in modo popolare
pacifico e civile per la loro libertà e dignità che è stata negata per troppo
tempo.
sotto lo
sguardo attonito del mondo intero, giovani donne e giovani uomini si sono
ritrovati in prima fila in quelle manifestazioni che hanno restituito ai popoli
arabi la speranza nel cambiamento nel quale non credevano praticamente più.
Il mondo
intero ha potuto notare la presenza, la partecipazione e l'impegno delle donne
in questi eventi epocali, donne che si sono mobilitate nella rete oltre che
nelle piazze, per protestare, condannare la repressione, organizzando
manifestazioni, esprimersi pubblicamente anche tramite articoli e reportage e
resistere a fianco degli uomini, al fine di far cadere la dittatura ed esigere
la volontà del popolo sia rispettata.
Quelle
rivolte hanno smontato gli stereotipi ed i pregiudizi diffusi in Europa sulle
donne arabe musulmane, secondo i quali esse sarebbero sottomesse, relegate solo
a determinati ruoli private della loro libertà.
Analizzando lo scenario sociale e umano che si
presenta di fronte agli occhi di chi volge lo sguardo verso il mondo arabo, a
partire dal celebre episodio di Buazizi, ci rendiamo conto che ci troviamo di
fronte ad una rivoluzione umana che non presenta le caratteristiche che di solito si intendono quando si usa il
termine rivoluzione.
Si tratta
infatti di rivolte che non sottostanno ai parametri della politica e della
sociologia, e che non mirano solo a far cadere dei sistemi politici
dittatoriali, ma a provocare dei cambiamenti radicali nella vita politica,
sociale e umana in un’area che subisce ancora un “colonialismo” indiretto.
Non c’è da
stupirsi se il popolo tunisino ha chiamato questi regimi con l’eloquente nome
di “bande di ladri”, perché hanno privato i popoli del Nord Africa e del
Medioriente della loro reale indipendenza prendendo il posto dei colonizzatori
e facendo le loro veci. I paesi che prima erano colonizzatori sono stati
successivamente i migliori alleati dei regimi dittatoriali che sono subentrati
dopo la fine del colonialismo, prendendosi gioco di intere popolazioni che pensavano
di aver raggiunto l’indipendenza.
Siamo di
fronte a una seconda lotta per l’indipendenza, per liberarsi dai luogotenenti
dei colonizzatori di qualche decennio fa.
Centinaia di
migliaia di fotografie, video, reportage, dirette televisive dalla Tunisia,
dall’Egitto, dallo Yemen, dalla Siria, dalla Libia mostravano milioni di donne
non solo a fianco degli uomini, ma in testa ai cortei, ricoprendo ruoli
direzionali e ai vertici dell’organizzazione, ponendo fin dall’inizio le basi
degli ideali della rivolta ed essendo tra le prime ad aver invitato alla
rivolta.
In Tunisia la
coraggiosa Lina Ben Almahni ha organizzato tre delle grandi manifestazioni che
hanno fatto cadere il regime di Ben Ali.
In Egitto
milioni di donne, con il velo, senza velo, con il volto coperto e con le forme
più varie di abbigliamento manifestavano, contribuivano a curare i feriti, a
organizzare la viabilità e la sicurezza, a ripulire le strade, a preparare i
pasti, venendo loro stesse ferite o uccise, come Saly Zahran e tante altre, o
imprigionate come la 22enne Asma Mahfuzh, la principale organizzatrice delle
manifestazioni per la caduta di Mubarak ripresa in un video celebre che ha
fatto il giro del mondo; dopo 8 mesi non è stata ancora rilasciata dopo essere
stata imprigionata con l’accusa di aver offeso gli uomini della sicurezza e i
rappresentanti del regime.
Donne di ogni
astrazione sociale e di religioni diverse in Yemen e in Egitto hanno riempito
le piazze e le strade, in Yemen, con il loro vestito tradizionale di colore
nero, hanno formato vere e proprie cascate di “oro nero”, la cui vitalità e la
cui energia esplosiva non ha meno potere nel provocare cambiamenti nell’attuale
ordine mondiale dello stesso petrolio.
3. Tawakkul
Karman, riguardo alla quale ha scritto il nobel Paolo Coehlo, passerà alla
storia per il fatto di essere la prima donna araba, la prima donna che porta il
hijab islamico, oltre ad essere la più giovane ad aver ricevuto un Premio Nobel
per aver avuto un ruolo importantissimo ai vertici dell’organizzazione delle
rivolte in Yemen che hanno fatto cadere un regime dittatoriale che durava da 33
anni.
L’assegnazione
di questo Premio Nobel alla Karman è il riconoscimento mondiale che non c’è
contraddizione tra l’essere musulmana praticante e l’essere allo stesso tempo
militante attiva per i diritti delle donne, e questo mette a tacere
definitivamente tutti gli intenti “civilizzatori” nei confronti della donna
musulmana.
In Libia Iman
Al 3Abidi, giornalista libica, è entrata con la forza nella sede della stampa
internazionale, per denunciare con coraggio davanti a tutte le telecamere del
mondo, gli stupri subiti da numerosissime donne da parte dei mercenari di
Gheddafi.
Stessa sorte
subita da altrettante donne in Siria per mano delle bande di criminali
assassini fedeli ad Assad che usano la vile arma dello stupro nei confronti di
donne, uomini e perfino bambini, con l’obiettivo di piegare la volontà di un
popolo che vuole liberarsi dalla completa sottomissione al regime che lo
opprime da 40 anni.
In Siria Tall
Al Maluhi, ragazza diciassettenne, è stata la prima della primavera Siriana ad
essere imprigionata e torturata e trattata esattamente come sono stati trattati
i prigionieri di Guantanamo.
Dopo di lei
Suher Al Atassi è stata la prima a trovare il coraggio di accendere una candela
in sostegno alle rivolte di Tunisia ed Egitto, ed è stata per questo
schiaffeggiata, quello schiaffo sul volto passerà alla storia per essere lo
schiaffo che ha spinto il popolo siriano a scendere in piazza a gridare “il
popolo siriano non vuole sottomettersi!”
È uno dei
peggiori modelli di colonialismo quello che è stato per 50 anni alleato dei
regimi oppressivi del mondo arabo e di altre parti del mondo.
E che è
rimasto loro alleato fino all’ultimo momento che ha preceduto la loro caduta.
Un
colonialismo culturale che fomenta il razzismo, l’odio, e un certo femminismo
che soffre di complessi di superiorità nei confronti delle donne e degli uomini
di altre culture, al punto da far scomparire l’altro dalla sua letteratura e da
elevare muri nei suoi confronti.
Facendo finta
che di fatto non esista questo “altro”.
Migliaia di
donne arabe e musulmane che sono scrittrici, giornaliste, intellettuali,
ricercatrici, non trovano spazio nei mezzi di informazione occidentali e
nell’opinione pubblica. Come se di fatto fossero fantasmi.
Queste
rivolte hanno permesso che l’immaginario e la concezione della donna musulmana
inizi a cambiare, non solo nel mondo arabo, ma nel mondo intero.
Una
rivoluzione che è uno tsunami che sta sradicando completamene ciò che di marcio
c’era nelle società arabe, come certe abitudini e certe tradizioni che non
hanno nulla a che fare con la civiltà che l’islam ha eretto.
Possiamo
notare anche che l’occidente non vede
più nel hijab delle donne musulmane una forma di sottomissione visto che la
sorella Karman è stata ricevuta dal ex presidente della Francia Sarkozy al palazzo dell’Eliseo, lui autore
della legge contro il velo islamico nelle scuole francesi in nome della
laicità, ha ormai compreso dopo questa
rivoluzione delle donne che il velo islamico
non impedisce alle donne di conquistare la libertà ed essere
protagoniste.
Si tratta di
una rivoluzione che ridisegna i tratti dell’essere umano (donna o uomo che sia)
restituendogli la sua dignità e la sua libertà.
La libertà
della donna deve rispettare i parametri scelti dalla donna stessa, nel rispetto
dei suoi valori morali e del suo orientamento politico e religioso , non
secondo i modelli imposti da culture “civilizzatrici” e colonizzatrici o
secondo i modelli dei regimi oppressivi che vanno contro lo spirito dell’islam,
la sua cultura e la sua morale.
Le donne
arabe e musulmane insieme agli uomini, stanno chiedendo libertà, dignità, pace
e sicurezza per le loro società e per il mondo intero.
Possiamo dire
che la primavera araba è donna e il ruolo delle donne è stato fondamentale per
la primavera araba, protagoniste delle rivolte che hanno fatto crollare i
regimi al potere in Tunisia ,Egitto, Libia, e lo Yemen, attivamente impegnate
anche nelle proteste siriane per far cadere uno dei regimi più sanguinari del
mondo..
le donne
stanno continuando il loro impegno politico per affermare i loro diritti,
specialmente in questi momenti cruciali di fase elettorale e stesura delle
nuove costituzioni, chiedono che i loro diritti siano formalmente riconosciuti
e che il loro impegno politico porti a delle riforme in grado di cambiare
veramente la vita delle donne nel mondo arabo.
l'attivista libica Huda el abdelaziz Mohammad
afferma che nelle riforme “deve essere imposta la presenza delle donne nel
processo decisionale, inoltre la parità di genere deve diventare un elemento
chiave nel programma di transizione verso la democrazia, di cui tener conto
nelle riforme costituzionali e nelle realizzazione della futura costituzione libica".
Riporto
anche le parole del ministro per la
cooperazione internazionale" Andrea Riccardi " al margine del
convegno organizzato dalla comunità di S. Egidio sulla primavera araba : "
il Nord e il Sud del mediterraneo devono costruire un nuovo quadro democratico
facendo cadere diffidenze per fare posto alla cultura della simpatia tipica
della nostra area.
Grazie anche alla Primavera araba oggi abbiamo
la possibilità di costruire un nuovo rapporto, in cui cristiani e musulmani,
Occidente e mondo Musulmano, riscoprono valori di libertà e di
democrazia".
Noi crediamo
che tutti i popoli e tutti coloro i quali sostengono la libertà hanno il dovere
di proteggere questi principi e di sostenere le nuove democrazie che stanno
nascendo nel mondo arabo.
Noi come donne musulmane che vivono in Italia abbiamo
partecipato a questo cambiamento con numerose iniziative culturali, come il
convegno annuale che era svolto a Milano
e Verona sottotitolo(la donna musulmana e la costruzione del cambiamento) il
7e8 maggio 2011, abbiamo organizzato manifestazioni in difesa dei diritti umani
e delle donne nel mondo arabo, ci siamo impegnate con le organizzazioni
umanitarie a fianco dei rifugiati e profughi, noi siamo con tutte le donne e i
uomini di buona volontà che sostengono i popoli per ottenere la libertà, siamo
fiere del contributo e del ruolo importantissimo che hanno avuto le donne
arabe per il successo ottenuto dalla
primavera araba auspicando che la loro partecipazione sia effettiva anche nelle
decisioni che porteranno alla creazione di nuovi sistemi politici rispettosi
della democrazia e del pluralismo politico.
La
partecipazione delle donne musulmane in tutti gli ambiti della vita pubblica e
sociale è uno dei presupposti del loro essere cittadine e deve essere una delle
loro principali preoccupazioni.
Anche dal
punto di vista islamico essa ha le stesse responsabilità dell'uomo per quanto
riguarda la promozione dei principi di giustizia e di solidarietà, tutta la
nostra riconoscenza va alle giovani e ai giovani protagonisti del cambiamento
nel mondo arabo, nella speranza di avere, insieme al mondo intero, un futuro
migliore.
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