REPORTAGE DELLA
GIORNATA
Il seminario è stato
segnato dal un grande successo di pubblico e di contenuti.
Notevole è stata l’affluenza del pubblico, al di là delle
aspettative, di tante donne, ma non solo. Più di cento i partecipanti, donne e
uomini, di varie nazionalità (in maggioranza italiane/i, marocchine/i e
tunisine/i) e di varie confessioni (musulmane/i, cristiane/i, credenti e non
credenti) si sono ritrovati per dare
vita ad un vivace dibattito che ha toccato momenti di profondità grazie alle
relazioni introduttive di Asma Lambrabet e Souheir Katkhouda, due tra le più
autorevoli studiose e attiviste musulmane che da tempo sono impegnate nella
difesa dei diritti della donna nel mondo islamico, nonché grazie ai numerosi
interventi di esponenti dell’associazionismo locale. Una partecipazione
multietnica quindi che dimostra non solo l’interesse che suscita tra la
popolazione italiana il fatto di conoscere finalmente un mondo che ci è sempre
più vicino e che troppo spesso è guardato con diffidenza se non con ostilità,
ma anche l’interesse che esiste nella stessa comunità immigrata musulmana di
avvicinarsi ad un dibattito che si sta svolgendo con particolare vigore nel
proprio paese d’origine.
L’incontro, che ha abbracciato tutta la giornata con una
pausa pranzo in cui è stato possibile gustare piatti tipici preparati dalle
donne di Casa Africa e dell’Associazione donne e mamme musulmane di Albenga, è
iniziato con la proiezione di un breve filmato prodotto da Casa Africa. Nel
filmato, su uno sfondo musicale di una
celebre canzone magrebina cantata da una giovane tunisina, si susseguivano
immagini e riprese di donne islamiche, velate e non velate, che lavorano in
attività di tutti i tipi, manifestano politicamente le loro idee, fanno
spettacolo, militano nell’esercito e così via, a testimonianza del grande
impegno e dell’importante ruolo civile e politico che la donna oggi ha nei diversi
paesi del mondo arabo.
Sono quindi seguiti gli indirizzi di saluto da parte di
Fatima Arfaoui, presidente di Casa Africa, di Stefania Baldini, Segretaria
Generale dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario che ospitava l’evento,
e di Radhia Khalfallah, past president di Casa Africa. La presidente ha dato il benvenuto
al numeroso pubblico intervenuto rimarcando l’importanza di una partecipazione,
oltre che numerosa, soprattutto plurale di musulmani, cristiani, credenti e non
credenti, arabi e italiani, mentre la past
president ha illustrato brevemente come
Casa Africa sia nata sulla spinta dell’amicizia di
alcune donne straniere e italiane, di differenti credo e laiche, con lo scopo,
in particolare, di sostenere il protagonismo delle donne immigrate e promuovere
la solidarietà e il dialogo tra le diverse componenti del mondo femminile.
Marina Gori, componente del consiglio direttivo di Casa Africa
e coordinatrice del seminario, e Radhia Khalfallah si sono poi alternate come
moderatrici delle relazioni e dei numerosi interventi.
Le relazioni principali sono state tenute da Asma Lamrabet, e da Souheir Katkhouda.
Asma Lamrabet, ematologa
nell’ospedale Avicennes di Rabat, coordinatrice del gruppo internazionale di
ricerca sulla donna musulmana e il dialogo interculturale, presidente e
co-fondatrice del GIERFI (Group
international d’études et de réflexion sur femmes et Islam) e autrice di
fama internazionale di numerosi libri sui temi della donna e l’Islam, ha svolto
due relazioni.
Nella prima, “Donne
musulmane e stereotipi occidentali, realtà o pregiudizi?”, la relatrice, premesso che pregiudizi e realtà
generalmente convivono e si alimentano a vicenda nella costruzione di uno
stereotipo, ha argomentato come gli stereotipi occidentali nei confronti delle
donne musulmane, alimentati da una terrificante macchina mediatica, si riducano
ad una visione essenzialista in cui la donna musulmana viene ridotta alla sua
simbologia più arcaica che esiste solo in parte, ma che è anche contraddetta da
una realtà plurale e molto più complessa. Ha inoltre individuato l’origine
della costruzione di tale stereotipo in una visione di stampo orientalista e
colonialista che certe femministe europee a giusto titolo indicano come il
prodotto dell’intreccio tra sessismo e razzismo, visione che finisce per
relativizzare se non addirittura ad assolvere le altre culture e società, in
particolare quelle occidentali, da ogni accusa di discriminazione di genere. Nonostante
l’insopportabile strumentalizzazione internazionale che viene fatta di questo
stereotipo la realtà –ha detto la relatrice- è che le donne musulmane si
trovano a vivere in uno status che è tra i più precari del mondo e che trova
origine soprattutto dalla strumentalizzazione politica che dei dettami
religiosi viene fatta nel mondo arabo e che tradisce il vero messaggio
spirituale dell’islam (vedi seconda relazione). Peraltro questa visione
estremizzata della donna musulmana da parte del mondo occidentale, vissuta come
un’insopportabile e pericolosa ingerenza da parte del mondo arabo, ha
contribuito, insieme alla crisi identitaria che attraversa oggi il mondo
islamico, a considerare la donna araba come l’ultimo baluardo da difendere
dell’identità musulmana.
Nella seconda relazione “Femminismo islamico: i
precetti del Corano nella prospettiva
della parità di genere”, la relatrice, premesso che occorre smontare l’idea
preconcetta che esiste un solo femminismo di stampo ideologico restrittivo di
tipo occidentale e che esistono invece numerosi femminismo, tra cui anche il
femminismo postcoloniale delle donne del sud, ha tracciato una definizione di
femminismo universale dimostrando l’assoluta
legittimità e non contraddittorietà della definizione “Femminismo Islamico”. E’
passata poi ad argomentare, testi alla mano, come sia possibile all’interno
della cultura dell’islam rivendicare l’uguaglianza di genere a partire da una
lettura riformista dei versetti del Corano che è l’approccio appunto del
femminismo islamico. Una lettura che a fronte dell’esistenza di diversi livelli
nei versetti coranici dà priorità assoluta ai versetti universali e ai tre
principi fondanti dell’islam, lettura quest’ultima che è stata distorta dal
patriarcato religioso e dalle manipolazioni politiche.
Souheir Katkhouda, di origine siriana, ma
residente da diversi anni in Italia, presidente e socia fondatrice
dell’Associazione Donne Musulmane in Italia (ADMI), membro dell’ European Forum of Muslim Women (EFOMW), dopo
aver proiettato un video in cui venivano illustrati l’attività e il ruolo
svolti in Italia dall’ADMI, nella sua prima relazione, “La donna araba agli
albori dell’Islam, teologhe, filosofe e scienziate...”,
ha parlato dell’importante ruolo paritario che le donne rivestivano a
quell’epoca all’interno dell’islam e dell’importante contributo che esse
diedero alla costruzione della cultura islamica. Illustrando la vita e le opere
di numerose donne musulmane che sono entrate nella storia, ha sottolineato come
queste donne avessero scelto l’islam proprio perché quel messaggio costituiva
una liberazione da ogni forma di oppressione e ingiustizia, anche maschilista,
che caratterizzava la società meccana- preislamica. Mediche, filosofe,
teologhe, politiche, scienziate, scrittrici partecipavano al pari degli uomini
alla vita pubblica, sociale e religiosa dell’epoca. I secoli che seguirono – ha
affermato la relatrice- furono per la cultura islamica secoli di stagnazione e
di decadenza sotto il profilo scientifico e diminuì così anche il numero delle
donne in esso impegnate, inoltre con l’espandersi del mondo islamico si
diffusero anche pratiche e credenze preislamiche che per ignoranza venivano
attribuite all’islam stesso.
Affrontando poi il secondo
argomento, “Il ruolo della donna nei
diversi contesti politici del
mondo arabo e nelle odierne rivoluzioni. La primavera araba e le sue ricadute
sulle donne immigrate”, la relatrice ha dimostrato come il ruolo delle
donne sia e sia stato fondamentale per la primavera araba e ha citato le
innumerevoli donne, di ogni estrazione sociale e di ogni religione, con
o senza velo, che hanno partecipato, dallo Yemen alla Siria, dalla Tunisia
all’Egitto, alle rivoluzioni arabe in prima linea con gli uomini. Ha quindi tracciato
lo scenario sociale e umano di queste rivoluzioni il cui obiettivo è l’eliminazione
di sistemi politici dittatoriali marci e corrotti, luogotenenti degli antichi
colonizzatori in un’area del mondo che subisce ancora il colonialismo indiretto.
Ha aggiunto poi che attraverso la partecipazione alla costruzione delle società
post-rivoluzione, come nei momenti elettorali o nella stesura delle nuove
costituzioni, le donne chiedendo riforme e diritti che siano in grado di cambiare
veramente il loro status possono diventare un elemento chiave dei processi di
trasformazione democratica. Questi accadimenti – ha detto la relatrice- sono
vissuti intensamente anche dalle donne arabe che vivono in Italia e ciò
contribuisce a sperare che la nascita di nuove democrazie nel mondo arabo possa
contribuire a far cadere diffidenze per fare posto alla cultura della simpatia.
Le relazioni sono state intercalate da interventi di
rappresentanti di movimenti femminili ed esponenti della cultura islamica.
In particolare quello di Lara Aisha Bisconzo, presidente dell’Associazione donne e mamme musulmane di
Albenga, sulle difficoltà che le donne musulmane, in particolare quelle
italiane convertite all’islam, incontrano in Italia nel professare la loro fede;
di Miriana Semeria per il CID -Centro
Iniziativa Donne- di Sanremo, sull’islam politico e sui pericoli che
rappresenta uno stato teocratico; di Hamza Piccardo, del direttivo UCOII, Unione delle Comunità Islamiche
d’Italia e autore della traduzione italiana del Corano, sul fondamenti
spirituali ed egualitari del messaggio coranico; di Filomena Loreto per P.E.N.E.L.O.P.E. -Associazione Donne del Ponente per le Pari
Opportunità- di Bordighera, sulle tappe dell’emancipazione femminile in
Italia; di Raffaella Rognoni, presidente di Donne Impresa Liguria di Confartigianato, sul concetto di
stereotipo e su come esso si forma; di Antonella Squillace, presidente dell’Associazione di Mediazione Culturale
Mappamondo di Sanremo, su alcune problematiche connesse al femminismo
cattolico e su alcuni movimenti femminili cattolici. L’incontro si è concluso
con la testimonianza drammatica di Bibi, moglie e madre Pakistana che il
marito e il cognato hanno tentato di uccidere insieme alla giovane figlia poiché
si opponeva al matrimonio combinato di quest’ultima. Bibi ha avuto la forza di
scappare e il coraggio di denunciare tutto alla polizia ed ha vissuto questi
ultimi anni in una casa protetta. Ha voluto rendere pubblica la sua esperienza
per dare coraggio ad altre donne che vivono situazioni analoghe.
Numerosi sono stati però anche gli interventi da parte del numeroso
pubblico per ottenere informazioni e approfondimenti su argomenti tanto vivi e
interessanti.
Ne è emerso un dibattito che ha messo ben presto in luce
come la battaglia contro le discriminazioni e le violenze di genere abbracci
ogni latitudine e come, al di là delle differenze culturali e delle diverse
convinzioni religiose in cui si riconoscono i numerosi "femminismi"
attivi sulla scena internazionale, tale battaglia debba essere condotta
unitariamente, dando peso cioè a ciò che ci unisce. In molti hanno chiesto che questo dibattito possa
proseguire anche in futuro.
Casa Africa desidera ringraziare le relatrici, in modo
particolare, nonché tutte/i coloro che con il proprio intervento e la propria
partecipazione hanno contribuito al buon esito del seminario. Ringrazia altresì
l'Istituto Internazionale di Diritto Umanitario per la sua affettuosa
ospitalità e il Cespim che ha promosso l'iniziativa.
Conclusioni:
Le donne rappresentano un
importante anello di congiunzione tra i modelli culturali di cui sono
portatrici le diverse comunità che convivono in un determinato paese.
Condividono infatti le stesse sofferenze e conducono le stesse battaglie contro
le forme di violenza e di discriminazione di genere di cui molte sono vittime
quale sia la loro origine etnica, o nazionale. In particolare poi le donne
straniere hanno un peso decisivo e fondamentale in questo ruolo di mediazione
dato che la migrazione coincide per molte con momenti cruciali della loro vita
che le espone a cambiamenti importanti, ciò soprattutto nel caso in cui siano
presenti figli ove è la madre sovente a dover stabilire i legami con la società
di accoglienza.
Nella provincia di Imperia
la comunità arabo-islamica rappresenta la componente più numerosa della
popolazione immigrata extracomunitaria, con il 40% costituito da donne.
Tuttavia nei confronti di questa componente femminile sono frequenti
atteggiamenti di diffidenza e di esclusione radicati in pregiudizi determinati
per lo più da una scarsa conoscenza della reale consistenza e complessità della
loro cultura. Peraltro con questi stereotipi, consistenti
nell’immaginario di una donna irrimediabilmente sottomessa ad una cultura
maschilista e patriarcale, situazione che si dà per scontato come
indissolubilmente legata alla religione islamica, la società di accoglienza
finisce per alimentare la riproduzione di queste stesse situazioni oltre a
condannare le donne immigrate musulmane all’isolamento ed all’emarginazione. In
realtà si tratta di pregiudizi ingiustificati se si considera, come è stato
ampiamente dimostrato nel corso del seminario, che mentre nel passato la donna
nel mondo islamico ha avuto un ruolo di primo piano, forse più di quanto non lo
abbia avuto nel mondo occidentale, oggi,
nei diversi contesti politici che caratterizzano la società araba, si
vanno affermando movimenti femminili che rivendicano con forza spazi e
diritti appellandosi proprio ai dettami
della religione islamica, dettami spesso arbitrariamente distorti da una
lettura patriarcale. Movimenti che sono poi in prima linea nelle rivoluzioni in
atto e nella costruzione delle società post rivoluzione.
Riteniamo che l’iniziativa abbia raggiunto l’obiettivo che
si proponeva di avvicinare alla complessa realtà del mondo arabo, in
particolare quello femminile, promuovere la presa di coscienza e il
protagonismo delle donne arabe presenti nella nostra provincia e favorire così
l’incontro fra le diverse componenti del
mondo femminile –e non solo- nella nostra società.
Il Consiglio Direttivo di
Casa Africa
mg
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