In
Italia ultimamente sono state avanzate numerose proposte legislative per legalizzare la prostituzione e introdurre
quartieri a luci rosse nelle periferie delle grandi città.
A sostegno della legalizzazione si afferma
che le nuove norme garantirebbero
una maggior protezione della donna prostituita, un più incisivo controllo della
tratta e infine sancirebbero la libertà della donna di scegliere se esercitare,
o meno, la prostituzione, da considerarsi un lavoro come un altro secondo una
visione economicista e neoliberista dei rapporti umani.
Si afferma inoltre che essendo questo il mestiere più antico del
mondo come tale va mantenuto e regolamentato. Ma la
circostanza non è vera. Le prostitute anticamente non svolgevano alcun
mestiere, ma erano in genere schiave straniere.
Peraltro, come sottolinea il filosofo Umberto
Galimberti, quand'anche fosse il mestiere più vecchio del mondo bisognerebbe aggiungere che "dunque è un
fossile della nostra cultura, il sintomo di epoche passate che potrebbe
benissimo essere superato. E invece no! L'argomento viene invocato per dire che
il problema è insuperabile” (leggi l'articolo completo).
Schiave straniere quindi, ieri come oggi:
In Italia l'industria del
sesso travolge fino a 120 mila donne schiave di cui il 37%
minorenni, secondo i dati dell'Associazione Papa XXIII di don Benzi. Un commercio che muove,
secondo Transcrime (Centro interuniversitario sulla criminalità transnazionale)
tra i 2 e i 7,5 miliardi di euro, e che prospera di anno in anno, come fosse la
più normale delle industrie. Un giro d’affari che con spregiudicato cinismo la
politica ha deciso di includere (insieme a quello generato dal mercato della
droga) nel calcolo del PIL. Un messaggio devastante.
Secondo
il rapporto "Catene invisibili" pubblicato nel 2011 dalla Regione Lombardia e dall’ISMU, la provenienza delle donne prostituite, contattate da unità di
strada nel periodo 2006-2011, sarebbe per il 58,4% dall’est europeo, di cui il 71,5 % dalla Romania; per il 32,3 % dall’Africa
sub-sahariana, di cui il 95,5% dalla Nigeria. Solo lo 0,4% proverrebbero da
paesi a sviluppo avanzato e solo l’1,3% sarebbero italiane.

Contro la legalizzazione della prostituzione e a smentita delle ragioni
che la sostengono si sono mosse le principali organizzazioni attive sul piano
internazionale in difesa dei diritti della donna. Le quali, analizzando gli
effetti prodotti dai diversi sistemi legislativi in vigore in diversi paesi, hanno messo
in evidenza che là dove esistono leggi che legittimano l’esercizio della
prostituzione continua ad esistere il fenomeno della tratta ai fini di
sfruttamento sessuale e della violenza di genere dal momento che si offrono
opportunità di mercato che vengono intercettate dalla criminalità organizzata, mentre,
viceversa, là dove esistono normative che la proibiscono (in particolare il modello
nordico) si mette in atto un potente deterrente che riduce sia la tratta che la
violenza di genere.
Analisi queste confermate da autorevoli studi scientifici. Axel Dreher, professore di politica internazionale e di
sviluppo presso l’Università di Heidelberg, ha raccolto i dati di 150 Paesi,
riuscendo ad evidenziare un’interessante costante: il flusso del traffico di esseri umani è più grande in tutti quei Paesi
dove il sesso a pagamento è legalizzato (QUI il testo integrale della ricerca).

Nella famosa Raccomandazione Generale n. 19 del 1992 il Comitato Cedaw metteva in guardia sul rapporto che esiste tra sfruttamento commerciale del corpo femminile e violenza: “Gli atteggiamenti tradizionali che attribuiscono alla donna funzioni stereotipate …e contribuiscono alla diffusione della pornografia…e ad altri tipi di sfruttamento commerciale come oggetto sessuale…contribuiscono alla violenza”.
E’ recente la petizione contro la legalizzazione della prostituzione dei bordelli e del commercio
di sesso lanciata a livello globale dalla Coalizione contro il traffico delle donne
(Coalition Against Trafficking in Women, CATW), organizzazione internazionale non governativa per
la promozione dei diritti umani delle donne, con status consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.
Contro
l’approccio che finirebbe per legittimare e incrementare il
commercio del corpo femminile si è espressa recentemente la Commissione per i diritti della donna e
l'uguaglianza di genere del Parlamento Europeo nella Proposta di Risoluzione presentata dall’eurodeputata Mary Honeyball (Regno Unito) di cui riportiamo le motivazioni:
“La prostituzione è un
fenomeno difficile da quantificare, in quanto illegale nella maggior parte
degli Stati membri. Secondo una relazione del 2012 della fondazione Scelles, la
prostituzione ha una dimensione globale
che coinvolge circa 40-42 milioni di persone, di cui il 90% dipende da un
protettore. La prima relazione Eurostat in assoluto con dati ufficiali
sulla prostituzione è stata pubblicata nell'aprile 2013. Il documento era
incentrato sulla tratta di esseri umani nell'UE nel periodo compreso tra il
2008 e il 2010.
Quello che è comunque certo è
che la prostituzione e lo sfruttamento
sessuale sono aspetti definitivamente legati al genere, con donne e ragazze
che vendono i loro corpi, volontariamente o sotto coercizione, a uomini che
pagano il servizio offerto. La maggior parte delle vittime della tratta a fini
di sfruttamento sessuale sono donne e ragazze.
- Una forma di
violenza contro le donne e una violazione della dignità umana e della parità di
genere
La prostituzione e lo
sfruttamento sessuale di donne e ragazze sono forme di violenza e in quanto
tali ostacolano la parità tra donne e uomini. Praticamente tutti coloro che
acquistano servizi sessuali sono uomini. Lo
sfruttamento nell'industria del sesso è causa e conseguenza della disparità di
genere e perpetua l'idea che i corpi di donne e ragazze siano in vendita.
La prostituzione è
un'inequivocabile e terribile violazione
della dignità umana. Considerando che la dignità umana è espressamente
citata nella Carta dei diritti fondamentali, il Parlamento europeo ha il dovere
di riferire in merito alla prostituzione nell'UE e di esplorare soluzioni che
consentano di rafforzare la parità di genere e i diritti umani a tale riguardo.
- Un legame
diretto con la tratta e la criminalità organizzata
Nell'Unione europea e nel
mondo, la prostituzione è direttamente collegata con la tratta di donne e
ragazze. Il sessantadue per cento delle donne vittime della tratta sono oggetto
di sfruttamento sessuale.
Un numero sempre più elevato
di donne e ragazze diventa vittima della tratta, con un traffico proveniente
non solo da paesi terzi ma anche da alcuni Stati membri (per esempio Romania e
Bulgaria) e diretto verso altre parti dell'Unione europea. L'UE deve pertanto
affrontare con urgenza il problema della tratta da est verso ovest e adottare
misure forti per contrastare questa particolare forma di violenza contro le
donne.
La prostituzione
è un fattore importante nel crimine organizzato, secondo soltanto alla droga in termini di portata, diffusione e
volume di denaro interessato. Secondo le stime riportate sul sito di Havocscope la prostituzione genera entrate a livello mondiale pari a circa 186 miliardi
di dollari l'anno.
Poiché la prostituzione è, in
effetti, gestita dalla criminalità organizzata con una portata così ampia, e
funziona come un mercato con la domanda che stimola l'offerta, le autorità di
contrasto dell'UE devono adottare un'azione forte e adeguata per intercettare i
criminali proteggendo al tempo stesso le vittime, le persone che praticano la
prostituzione e le donne e ragazze oggetto di tratta a fini di sfruttamento
sessuale. Altra materia distinta, benché correlata, e che richiede attenzione è
quella della prostituzione su Internet, che
è in aumento e in alcuni casi è collegata a siti che offrono pornografia.
Anche la disperazione
finanziaria può portare le donne a entrare nel circuito della prostituzione.
L'attuale crisi finanziaria sta facendo sentire i suoi effetti in quanto sono
sempre più le donne (soprattutto madri sole) che entrano nel mondo della prostituzione
nel proprio paese o arrivano dai paesi più poveri del sud dell'Unione europea
per prostituirsi al nord. La
prostituzione è quindi legata alla parità di genere in quanto è
direttamente correlata al ruolo e al posto delle donne nella società, al loro
accesso al mercato del lavoro, al processo decisionale, alla salute e
all'istruzione, nonché alle alternative loro offerte, considerata la
strutturale disparità di genere.
- Due diversi
approcci alla prostituzione e allo sfruttamento sessuale in Europa
La questione della
prostituzione e della parità di genere è complicata dal fatto che vi sono due modelli contrapposti per affrontare
il fenomeno. Il primo modello vede la prostituzione come una violazione dei
diritti delle donne e uno strumento per perpetuare la disparità di genere.
L'approccio legislativo corrispondente è abolizionista e penalizza le attività
connesse alla prostituzione, contemplando talvolta l'acquisto di servizi
sessuali, mentre la prostituzione non è illegale di per sé. Il secondo modello
teorizza che la prostituzione stimola la parità di genere promuovendo il
diritto della donna a controllare che cosa vuole fare del suo corpo. I
sostenitori di tale modello affermano che la prostituzione è soltanto un'altra
forma di lavoro e che il modo migliore di proteggere le donne nella
prostituzione è migliorare le loro "condizioni di lavoro"
trasformando la prostituzione in una professione, più precisamente un
"lavoro sessuale". Ne consegue che nell'ambito di questo modello regolazionista,
la prostituzione e le relative attività sono legali e regolamentate, e le donne
sarebbero libere di scegliere i loro amministratori, noti anche come
protettori. Tuttavia, si potrebbe anche considerare che far diventare la
prostituzione e l'intermediazione ad essa legata attività normali, o in qualche
modo legalizzarle, significa legalizzare la schiavitù sessuale e la disparità
di genere a discapito delle donne.
Nell'Unione europea sono
diffusi entrambi i modelli. Fornire prostituzione è legale in vari Stati
membri, tra cui Paesi Bassi, Germania, Austria e Danimarca, mentre le persone
che si prostituiscono o alcune delle loro attività (come l'adescamento) sono
criminalizzati, del tutto o in parte, in alcuni paesi, tra cui Regno Unito,
Francia e Repubblica d'Irlanda. Tuttavia, non è possibile combattere con
efficacia la disparità di genere e lo sfruttamento sessuale prendendo le mosse
da una simmetria di genere nelle attività dell'industria del sesso che in
realtà non esiste.
Dove la prostituzione e la sua
offerta sono legali, sono sempre più evidenti gli elementi che evidenziano le
lacune del sistema. Nel 2007 il governo tedesco ha ammesso che la normativa che
legalizza la prostituzione non aveva ridotto la criminalità e che oltre un terzo dei pubblici ministeri tedeschi
aveva rilevato come la legalizzazione della prostituzione avesse reso più
complesso il loro lavoro finalizzato a perseguire la tratta e lo sfruttamento
di esseri umani (leggi la notizia).
Nel 2003 il sindaco di
Amsterdam (Paesi Bassi) ha affermato che la legalizzazione della prostituzione
non era riuscita a prevenire il fenomeno della tratta aggiungendo che sembrava
impossibile creare una zona sicura e controllabile che fosse preclusa agli abusi
della criminalità organizzata. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la
droga e il crimine, i Paesi bassi sono
la prima destinazione delle vittime della tratta di esseri umani.
- L'efficacia
del modello nordico
In considerazione del numero
sempre maggiore di elementi attestanti che la legalizzazione della
prostituzione e dell'attività d'intermediazione per fornirla non promuovono
affatto la parità di genere né riducono la tratta degli esseri umani, la
relazione conclude che la differenza essenziale tra i due modelli di parità di
genere di cui sopra risiede nel fatto che vedere
la prostituzione semplicemente come un "lavoro" contribuisce a
mantenere le donne nel mondo della prostituzione. Ritenere la prostituzione una
violazione dei diritti umani delle donne aiuta queste ultime a rimanerne fuori.
L'esperienza di Svezia,
Finlandia e Norvegia, che non aderisce all'UE, dove per affrontare il problema
della prostituzione si utilizza il "modello nordico", sostiene questo
punto di vista. La Svezia ha modificato la sua legge in materia di prostituzione
nel 1999, vietando l'acquisto di sesso e depenalizzando i soggetti che si
prostituiscono. In altre parole, è la
persona che acquista sesso, in teoria sempre l'uomo, che commette un reato e
non la prostituta. La normativa introdotta dalla Svezia fa parte di un'iniziativa
generale volta a eliminare tutti gli ostacoli alla parità delle donne nel
paese.
In Svezia questa legislazione
ha avuto un impatto estremamente forte. Nel paese, il numero di persone che si
prostituiscono è un decimo rispetto alla vicina Danimarca, dove acquistare
sesso è legale e la popolazione è inferiore. La legge ha anche modificato
l'opinione pubblica in merito. Nel 1996 il 45% delle donne e il 20% degli
uomini erano a favore della criminalizzazione dell'acquisto di sesso da parte
degli uomini. Nel 2008 il 79% delle donne e il 60% degli uomini erano
favorevoli alla normativa. La polizia
svedese conferma inoltre che il modello nordico ha esercitato un notevole
effetto deterrente sulla tratta a fini di sfruttamento sessuale.
L'efficacia di tale modello
nel ridurre la prostituzione e la tratta di donne e ragazze e nel promuovere la
parità di genere è sempre più evidente. Nel frattempo, i paesi in cui fornire
prostituzione è un'attività legale si trovano a dover ancora affrontare
problemi in relazione alla tratta di esseri umani e alla criminalità
organizzata, due fenomeni legati alla prostituzione. La presente relazione è
pertanto a favore del modello nordico ed esorta i governi degli Stati membri
che adottano altri approcci per affrontare la questione della prostituzione a
riesaminare la loro legislazione alla luce dei successi ottenuti in Svezia e in
altri paesi che hanno introdotto il modello nordico. Tale scelta comporterebbe
significativi progressi per la parità di genere nell'Unione europea.
La relazione non è contro le
donne che si prostituiscono. È contro la prostituzione, ma a favore delle donne
che ne sono vittime. Raccomandando di considerare colpevole l'acquirente, ossia
l'uomo che compra servizi sessuali, anziché la prostituta, il presente testo
costituisce un altro passo sul cammino che porta alla totale parità di genere
nell'Unione europea”
La risoluzione è stata approvata dal Parlamento Europeo il 26 febbraio 2014
Sul tema dello sfruttamento sessuale leggi in questo Blog
Brasile. Mondiali di Calcio. E' allarme turismo sessuale infantile
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