gennaio 29, 2014

TUNISIA. Con un consenso quasi plebiscitario approvata la nuova costituzione che garantisce la parità di genere


Il 17 dicembre 2010 Mohamed Bouazizi, venditore ambulante 26enne di Sidi Bouzid, si diede fuoco per chiedere dignità e protestare contro la polizia corrotta che gli aveva sequestrato la merce. Quel gesto portò in strada migliaia e migliaia di persone in tutta la Tunisia dando inizio alla “rivoluzione dei gelsomini” che costrinse alla fuga il dittatore Ben Ali e mise in moto la primavera araba, l’insieme di proteste popolari che in pochi mesi fecero cadere dittature decennali in altri paesi del mondo arabo.

  

A tre anni da quegli eventi, nella notte di domenica 26 gennaio, l'Assemblea Nazionale Costituente (ANC) della Tunisia ha approvato la nuova Costituzione del Paese con un consenso quasi plebiscitario (200 voti a favore, 12 contrari e quattro astenuti), tanto da parte dei laici come degli islamisti moderati.

“Il popolo ha vinto una rivoluzione pacifica che illumina il mondo. Siamo riusciti ad evitare una guerra civile ma abbiamo ottenuto il consenso” ha commentato Rached Ghannouchi, Presidente di Ennahda, il partito islamico moderato maggioranza all’Assemblea Costituente, che si è detto entusiasta e l'ha definita "una delle migliori Costituzioni del mondo".



Il testo (v. anche la versione in arabo), frutto di un lungo e laborioso cammino e anche di forti scontri, rappresenta una delle più avanzate Costituzioni del mondo arabo che permette di riflettere sul possibile incontro fra islam e diritti, fra islam e libertà e, in definitiva, fra islam e democrazia. Un volto nuovo dell'Islam.

L’uguaglianza di genere, la libertà di coscienza e di credo e lo stato di diritto costituiscono gli assi portanti dell’atto normativo fondamentale del Paese.

L’art.21 stabilisce che “i cittadini e le cittadine hanno gli stessi diritti e doveri. Essi sono uguali davanti alla legge senza nessuna discriminazione”.

La norma si allinea con quanto disposto dal Protocollo di Maputo sui diritti delle donne africane adottato nel luglio del 2003 in occasione del secondo vertice dell' Unione Africana, una convenzione che chiede con forza ai rappresentanti dei governi africani l’impegno a farsi carico dell’eliminazione di tutte le forme di discriminazione e violenza verso le donne, e l’avvio di una politica di parità fra i sessi in tema di diritti e di doveri. Costituisce inoltre applicazione della Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) che all'articolo 2 stabilisce l'obbligo degli stati parte di inserire nella propria costituzione il principio dell'uguaglianza tra uomo e donna. 

Occorre peraltro ricordare che la disposizione introdotta oggi nel testo costituzionale tunisino costituisce il frutto delle mobilitazioni della società civile e dei movimenti femminili che durante tutto l’iter che ha portato alla sua approvazione hanno vigilato per difendere il principio della parità.
   
Nell'agosto del 2012 la Commissione dei diritti dell'uomo e delle libertà dell'ANC aveva formulato un progetto di articolo proposto dall'ala fondamentalista del partito islamico-moderato al governo, Ennahda, che stabiliva il principio di "complementarietà" della donna rispetto all'uomo.

Un principio questo che avrebbe gettato le basi per lo smantellamento delle norme contenute nel Codice dello Statuto personale tunisino promulgato nel 1956 da Habib Bourguiba, norme fondate sul principio della parità di genere di cui il popolo Tunisino ha sempre vantato un primato nel mondo arabo e di cui va fiero.

Migliaia di manifestantiuomini e donne, erano scesi perciò in piazza, il 13 agosto in occasione della Giornata Nazionale delle Donne, chiedendo che il progetto venisse ritirato. Anche i membri dei partiti più moderati della coalizione al governo, a partire dal presidente Moncef Marzouki, avevano espresso il loro disaccordo nei confronti del progetto.

A seguito di tali mobilitazioni il 24 settembre la Commissione di coordinamento e di redazione dell'ANC decise di abolire il concetto di "complementarità" e di re-introdurre quello di "uguaglianza".

La nuova Costituzione contiene altresì importanti norme a presidio delle libertà e dei diritti civili del popolo tunisino: 

Riconosce l'Islam come religione del Paese, ma prevede anche la libertà di credo e di coscienza e vieta l’accusa di apostasia (art.6).

Precisa inoltre che “lo Stato ha natura civile ed è fondato sulla cittadinanza, la volontà popolare e il governo della legge” (art.2).  La specifica della natura civile dello Stato si deve intendere come contrapposta a quella militare e a quella religiosa e teocratica, mentre il riconoscimento che lo Stato si fonda sulla sovranità popolare e sulla legge lascia fuori la Sharj’a come fonte del diritto (vedi l’approfondita analisi di Pietro Longoricercatore in Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici all’Università di Napoli l’Orientale e Vice Presidente del Centro Italiano di  Studi sull’Islam Politico (CISIP).

La Tunisia mostra a tutto il mondo arabo che la Primavera, benché difficile e irta di ostacoli, può proseguire il suo lento cammino. Il sacrificio di Mohamed Bouazizi non è stato vano. 

mg


gennaio 02, 2014

EGITTO. Mayam Mahmoud, la rapper con il velo che denuncia le molestie sessuali subite dalle donne egiziane



Con le sue canzoni di denuncia è riuscita ad arrivare alle semifinali di Arabs Got Talent (l’equivalente dell'italiana X-Factor), uno spettacolo che riunisce diversi Paesi del Mondo Arabo.



Mayam Mahmoud, 18 anni, studentessa di architettura, è la rapper egiziana  che canta indossando il velo (lo hijab) e affrontando un tabù della società egiziana: le molestie sessuali che quotidianamente subiscono le donne.
L’Egitto è un paese dove le molestie sessuali costituiscono un problema sociale endemico (il 99% delle donne dichiara di averlo subito almeno una volta nella vita e il 91% ha paura di circolare da sola per strada) e dove, secondo uno studio della Fondazione Thomson Reuters, le condizioni delle donne sono le peggiori di tutto il mondo arabo per violazioni dei diritti, abusi sessuali e mutilazioni genitali femminili.

I testi coraggiosi delle canzoni di Mayam denunciano questo tristissimo primato e invitano le donne ad alzare la testa e a denunciare i loro aguzzini.



Se, come afferma il rapporto della Fondazione Thomson Ruters,  la condizione delle donne nei Paesi delle Primavere arabe, come l’Egitto,  è peggiorata, risultano invece più forti la loro capacità di lottare, il loro coraggio e la loro determinazione. E l'impegno di Mayam lo dimostra.   





Nella sua canzone di maggior successo, “I won’t be the shamed one” (“non sarò io quella che dovrà vergognarsi”), la rapper dice a due donne violentate in strada di urlare la loro rabbia in modo che altre le seguano.


“Spesso le donne preferiscono rimanere in silenzio per paura che le accusino di qualcosa. Ma ogni volta che stiamo zitte rendiamo il problema più grande”, afferma Mayam.


In un'intervista alla Bbc Mayam racconta di aver cominciato a rappare quando aveva 10 anni.
“Ero alle elementari e mi sono messa a cantare con un ritmo accelerato le poesie che scrivevo. Successivamente ho capito che si chiamava rap e mi sono messa ad ascoltarlo. Ho scoperto così che la maggior parte dei rapper sono ragazzi e cantano il rapporto con le ragazze da loro incolpate di qualsiasi cosa non funzioni. Ma questo non è giusto!”
“La gente del mio quartiere spesso si chiede come faccia una ragazza velata a cantare e a gridare così, poiché secondo l'egiziano medio l'hijab dovrebbe silenziare tutte le altre attività come cantare, ballare. Ma la mia risposta è molto semplice: voi guardate solo il mio velo e i miei salti sul palco e trascurate ciò di cui canto".
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