Il 17 dicembre 2010 Mohamed Bouazizi, venditore ambulante 26enne di Sidi Bouzid, si diede fuoco per
chiedere dignità e protestare contro la polizia corrotta che gli aveva
sequestrato la merce. Quel gesto portò in strada migliaia e migliaia di persone
in tutta la Tunisia dando inizio alla “rivoluzione
dei gelsomini” che costrinse alla fuga il dittatore Ben Ali e mise in moto la
primavera araba, l’insieme di proteste popolari che in pochi mesi fecero cadere
dittature decennali in altri paesi del mondo arabo.
A tre anni da quegli eventi, nella notte di domenica 26
gennaio, l'Assemblea Nazionale Costituente (ANC) della Tunisia ha approvato la
nuova Costituzione del Paese con un consenso
quasi plebiscitario (200 voti a favore, 12 contrari e quattro astenuti), tanto da parte dei laici come degli islamisti
moderati.
“Il popolo ha vinto una rivoluzione pacifica che illumina il mondo. Siamo riusciti ad evitare una guerra civile
ma abbiamo ottenuto il consenso” ha commentato Rached Ghannouchi,
Presidente di Ennahda, il partito islamico moderato maggioranza all’Assemblea
Costituente, che si è detto entusiasta e l'ha definita "una delle
migliori Costituzioni del mondo".
Il testo (v. anche la versione in arabo), frutto
di un lungo e laborioso cammino e anche di forti scontri, rappresenta una delle più avanzate Costituzioni del
mondo arabo che permette di riflettere sul possibile incontro fra islam e
diritti, fra islam e libertà e, in definitiva, fra islam e democrazia. Un volto nuovo dell'Islam.
L’uguaglianza di genere, la libertà di coscienza e di credo e lo stato di diritto costituiscono gli assi portanti dell’atto normativo fondamentale del
Paese.
L’art.21 stabilisce che “i cittadini e le
cittadine hanno gli stessi diritti e doveri. Essi sono uguali davanti alla
legge senza nessuna discriminazione”.
La norma si allinea con quanto disposto dal Protocollo di Maputo sui diritti delle donne africane adottato nel luglio del 2003 in occasione del secondo vertice dell' Unione Africana, una convenzione che chiede con forza ai rappresentanti dei governi africani l’impegno a farsi carico dell’eliminazione di tutte le forme di discriminazione e violenza verso le donne, e l’avvio di una politica di parità fra i sessi in tema di diritti e di doveri. Costituisce inoltre applicazione della Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) che all'articolo 2 stabilisce l'obbligo degli stati parte di inserire nella propria costituzione il principio dell'uguaglianza tra uomo e donna.
Occorre peraltro ricordare che la disposizione introdotta oggi nel testo costituzionale tunisino costituisce il frutto delle mobilitazioni della società civile e dei movimenti femminili che durante tutto
l’iter che ha portato alla sua approvazione hanno vigilato per difendere il
principio della parità.
Nell'agosto del 2012 la Commissione dei diritti dell'uomo e
delle libertà dell'ANC aveva formulato un progetto di articolo proposto
dall'ala fondamentalista del partito islamico-moderato al governo, Ennahda, che
stabiliva il principio di "complementarietà" della donna rispetto
all'uomo.
Un principio questo che avrebbe gettato le basi per lo
smantellamento delle norme contenute nel Codice dello Statuto personale
tunisino promulgato nel 1956 da Habib Bourguiba, norme fondate sul principio della
parità di genere di cui il popolo Tunisino ha sempre vantato un primato nel
mondo arabo e di cui va fiero.
Migliaia di manifestanti, uomini e donne, erano scesi perciò in piazza, il 13 agosto in occasione della
Giornata Nazionale delle Donne, chiedendo che il progetto venisse ritirato.
Anche i membri dei partiti più moderati della coalizione al governo, a partire
dal presidente Moncef Marzouki, avevano espresso il loro disaccordo nei confronti del progetto.
A seguito di tali mobilitazioni il 24 settembre la Commissione di coordinamento e di
redazione dell'ANC decise di abolire il concetto di "complementarità" e di
re-introdurre quello di "uguaglianza".
La nuova Costituzione contiene altresì importanti norme a
presidio delle libertà e dei diritti civili del popolo tunisino:
Riconosce l'Islam come religione del Paese, ma prevede anche
la libertà di credo e di coscienza e
vieta l’accusa di apostasia (art.6).
Precisa inoltre che “lo Stato ha natura civile ed è fondato
sulla cittadinanza, la volontà popolare e il governo della legge”
(art.2). La specifica della natura
civile dello Stato si deve intendere come contrapposta a quella militare e a
quella religiosa e teocratica, mentre il riconoscimento che lo Stato si fonda sulla sovranità popolare e sulla legge lascia fuori la Sharj’a come fonte del
diritto (vedi l’approfondita analisi di Pietro Longo, ricercatore in Diritto
Musulmano e dei Paesi Islamici all’Università di Napoli l’Orientale e Vice
Presidente del Centro Italiano di Studi
sull’Islam Politico (CISIP).
La Tunisia mostra a tutto il mondo arabo che la Primavera, benché difficile e irta di ostacoli, può proseguire il suo lento cammino. Il sacrificio di Mohamed Bouazizi non è stato vano.
mg
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