maggio 31, 2018

PALESTINA. Gaza, la flottiglia della speranza





In queste ore è in partenza dal porto di Gaza una piccola flottiglia della speranza, o forse della disperazione.
L'equipaggio è di 35 persone ed è composto da feriti bisognosi di cure, studenti e laureati disoccupati. Cosa si deve fare per catturare un minuto di attenzione da parte dell'opinione pubblica internazionale per una comunità che vive, nell'indifferenza più totale, una crisi umanitaria senza precedenti, stremata da un interminabile assedio?
Inoltre, dal 30 marzo scorso (giorno in cui è iniziata la pacifica #GreatReturnMarch) i cecchini israeliani hanno causato oltre 13mila feriti, di cui moltissimi in gravi condizioni. I rapporti medici parlano di proiettili che si espandono nel corpo distruggendo i vasi sanguigni e i tessuti e costringendo spesso all'amputazione delle gambe. Molti infatti hanno dovuto subire amputazioni agli arti per l'impossibilità di interventi chirurgici specifici. E 117 sono i morti. Il sistema sanitario è paralizzato per la mancanza di farmaci e adeguate attrezzature mediche.
Ma non ci sono solo feriti sulla flottilla, ci sono anche giovani senza futuro. Il tasso di disoccupazione a Gaza è al 44%, che sale tra le donne fino al 71,5% e tra i giovani fino a 29 anni, arriva a 61,9%.
Un tentativo disperato dunque di rompere l’assedio via mare da parte di piccole barche di pescatori. La Marina israeliana è noto che apre il fuoco su chiunque si avvicini al limite deciso da Israele, tre miglia nautiche dalla costa sebbene gli Accordi di Oslo pongano il limite a 20 miglia.
Staremo ancora tutti in silenzio a guardare?

#Gaza #BreakIsraeliSiege