febbraio 27, 2016

EGITTO. Women on Walls: graffiti di lotta e di emancipazione




Women on Walls, o Sit al-hita (in arabo), è un progetto nato al Cairo nel 2012 con lo scopo di utilizzare i graffiti e l'unicità della street art (arte di strada) per una campagna sull'emancipazione e i diritti delle donne.
L'idea che ha portato alla nascita di WOW è stata l'esigenza di utilizzare lo spazio pubblico e di lasciarvi un segno per denunciare la violenza contro le donne. La forza dell’arte di strada sta infatti proprio in questo: non richiede un ruolo attivo da parte dello spettatore (andare al museo. etc), ma arriva a tutti, che risulti gradita o meno.
Nel piccolo documentario che vi proponiamo qui sotto, girato al Cairo nel febbraio 2014, le artiste Khadiga El Ghawas, Enas Awad, Salma El Gamal, Radua Radz Fouda, Nour Shokry e tante altre affrontano uno degli argomenti a tutt'oggi più scottanti in Egitto, ovvero le molestie sessuali.
Ecco che il muro, come veicolo di denunce e rivendicazioni, assume un significato fondamentale: “Perché proprio la strada è, si può dire, la scena del crimine – spiega una delle ragazze nel documentario - Dobbiamo parlare alla gente dove ci può vedere e sentire, e dove questi incidenti accadono”.

Di cruciale importanza è l'enorme graffito disegnato dall’egiziana Mira Shihadeh intitolato “Circle of Hell”, il Cerchio dell'Inferno, che racconta il caso di efferata violenza di cui fu vittima una manifestante durante le manifestazioni che si tennero al Cairo il 25 gennaio 2013 per il secondo anniversario della rivoluzione egiziana: una donna venne chiusa in un cerchio da un centinaio di uomini in piazza Tahrir e brutalmente violentata con un coltello. Nessuno - anche se la piazza era piena di gente - potè videre e sentire quello che succedeva. La donna era intrappolata in un cerchio infernale.



"Storie di donne, dalla paura alla libertà", è stato il tema scelto dall'organizzazione egiziana Women on Walls per il più famoso festival della street art femminile di tutto il Medio Oriente che si è tenuto nell’ottobre 2014 ad Amman in Giordiania. Ventiquattro artiste e artisti provenienti da paesi come l'Egitto, la Palestina, Bahrain, Yemen, Qatar e Giordania si sono unite per creare il muro dipinto più lungo di tutta Amman.
  

Questo bellissimo graffito di Mariam Haji (Bahrain), in cui l'artista si rappresenta con efficacia plastica in un corpo a corpo con un enorme leone, esprime tutta la forza di cui è capace la donna nel vincere la paura  di affrontare i pericoli e gli ostacoli che minacciano la sua sopravvivenza e la sua identità quando imbocca il cammino per l'emancipazione e la libertà.  









Anche nei graffiti di Laila Ajjawi, palestinese, che vive in un campo di rifugiati in Giordania, emergono donne forti. “Mi piace raccontarci in positivo. Non rappresentarci come vittime o deboli, ma dire alle altre donne: hai una voce nel mondo e deve essere ascoltata”, afferma Laila in questo video.
Sul tema delle violenze di genere in Egitto leggi in questo blog:
mg

febbraio 17, 2016

PROSTITUZIONE. Le ragioni per dire NO alla legalizzazione del commercio del corpo femminile



In Italia ultimamente sono state avanzate numerose proposte legislative per  legalizzare la prostituzione e introdurre quartieri a luci rosse nelle periferie delle grandi città.

A sostegno della legalizzazione si afferma che le nuove norme garantirebbero una maggior protezione della donna prostituita, un più incisivo controllo della tratta e infine sancirebbero la libertà della donna di scegliere se esercitare, o meno, la prostituzione, da considerarsi un lavoro come un altro secondo una visione economicista e neoliberista dei rapporti umani.

Si afferma inoltre che essendo questo il mestiere più antico del mondo come tale va mantenuto e regolamentato. Ma la circostanza non è vera. Le prostitute anticamente non svolgevano alcun mestiere, ma erano in genere schiave straniere.  

Peraltro, come sottolinea il filosofo Umberto Galimberti, quand'anche fosse il mestiere più vecchio del mondo bisognerebbe aggiungere che "dunque è un fossile della nostra cultura, il sintomo di epoche passate che potrebbe benissimo essere superato. E invece no! L'argomento viene invocato per dire che il problema è insuperabile” (leggi l'articolo completo).

Schiave straniere quindi, ieri come oggi:

In Italia l'industria del sesso travolge fino a 120 mila donne schiave di cui il 37% minorenni, secondo i dati dell'Associazione Papa XXIII di don Benzi. Un commercio che muove, secondo Transcrime (Centro interuniversitario sulla criminalità transnazionale) tra i 2 e i 7,5 miliardi di euro, e che prospera di anno in anno, come fosse la più normale delle industrie. Un giro d’affari che con spregiudicato cinismo la politica ha deciso di includere (insieme a quello generato dal mercato della droga) nel calcolo del PIL. Un messaggio devastante.

Secondo il rapporto "Catene invisibili" pubblicato nel 2011 dalla Regione Lombardia e dall’ISMU, la provenienza delle donne prostituite, contattate da unità di strada nel periodo 2006-2011, sarebbe per il 58,4% dall’est europeo, di cui il  71,5 % dalla Romania; per il 32,3 % dall’Africa sub-sahariana, di cui il 95,5% dalla Nigeria. Solo lo 0,4% proverrebbero da paesi a sviluppo avanzato e solo l’1,3% sarebbero  italiane.

Contro la legalizzazione della prostituzione e a smentita delle ragioni che la sostengono si sono mosse le principali organizzazioni attive sul piano internazionale in difesa dei diritti della donna. Le quali, analizzando gli effetti prodotti dai diversi sistemi legislativi in vigore in diversi paesi, hanno messo in evidenza che là dove esistono leggi che legittimano l’esercizio della prostituzione continua ad esistere il fenomeno della tratta ai fini di sfruttamento sessuale e della violenza di genere dal momento che si offrono opportunità di mercato che vengono intercettate dalla criminalità organizzata, mentre, viceversa, là dove esistono normative che  la proibiscono (in particolare il modello nordico) si mette in atto un potente deterrente che riduce sia la tratta che la violenza di genere.

Analisi queste confermate da autorevoli studi scientifici. Axel Dreher, professore di politica internazionale e di sviluppo presso l’Università di Heidelberg, ha raccolto i dati di 150 Paesi, riuscendo ad evidenziare un’interessante costante: il flusso del traffico di esseri umani è più grande in tutti quei Paesi dove il sesso a pagamento è legalizzato (QUI il testo integrale della ricerca).

Nella famosa Raccomandazione Generale n. 19 del 1992 il Comitato Cedaw  metteva in guardia sul rapporto che esiste tra sfruttamento commerciale del corpo femminile e violenza: “Gli atteggiamenti tradizionali che attribuiscono alla donna funzioni stereotipate …e contribuiscono alla diffusione della pornografia…e ad altri tipi di sfruttamento commerciale come oggetto sessuale…contribuiscono alla violenza”.

E’ recente la  petizione contro la legalizzazione della prostituzione dei bordelli e del commercio di sesso lanciata a livello globale dalla Coalizione contro il traffico delle donne (Coalition Against Trafficking in Women, CATW), organizzazione internazionale non governativa per la promozione dei diritti umani delle donne, con status consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.


    Contro l’approccio che finirebbe per legittimare e incrementare il commercio del corpo femminile si è espressa recentemente la Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere del Parlamento Europeo nella Proposta di Risoluzione presentata dall’eurodeputata Mary Honeyball (Regno Unito) di cui riportiamo le motivazioni:

       “La prostituzione è un fenomeno difficile da quantificare, in quanto illegale nella maggior parte degli Stati membri. Secondo una relazione del 2012 della fondazione Scelles, la prostituzione ha una dimensione globale che coinvolge circa 40-42 milioni di persone, di cui il 90% dipende da un protettore. La prima relazione Eurostat in assoluto con dati ufficiali sulla prostituzione è stata pubblicata nell'aprile 2013. Il documento era incentrato sulla tratta di esseri umani nell'UE nel periodo compreso tra il 2008 e il 2010.

Quello che è comunque certo è che la prostituzione e lo sfruttamento sessuale sono aspetti definitivamente legati al genere, con donne e ragazze che vendono i loro corpi, volontariamente o sotto coercizione, a uomini che pagano il servizio offerto. La maggior parte delle vittime della tratta a fini di sfruttamento sessuale sono donne e ragazze.

  • Una forma di violenza contro le donne e una violazione della dignità umana e della parità di genere
La prostituzione e lo sfruttamento sessuale di donne e ragazze sono forme di violenza e in quanto tali ostacolano la parità tra donne e uomini. Praticamente tutti coloro che acquistano servizi sessuali sono uomini. Lo sfruttamento nell'industria del sesso è causa e conseguenza della disparità di genere e perpetua l'idea che i corpi di donne e ragazze siano in vendita.

 La prostituzione è un'inequivocabile e terribile violazione della dignità umana. Considerando che la dignità umana è espressamente citata nella Carta dei diritti fondamentali, il Parlamento europeo ha il dovere di riferire in merito alla prostituzione nell'UE e di esplorare soluzioni che consentano di rafforzare la parità di genere e i diritti umani a tale riguardo.

  • Un legame diretto con la tratta e la criminalità organizzata
Nell'Unione europea e nel mondo, la prostituzione è direttamente collegata con la tratta di donne e ragazze. Il sessantadue per cento delle donne vittime della tratta sono oggetto di sfruttamento sessuale.

Un numero sempre più elevato di donne e ragazze diventa vittima della tratta, con un traffico proveniente non solo da paesi terzi ma anche da alcuni Stati membri (per esempio Romania e Bulgaria) e diretto verso altre parti dell'Unione europea. L'UE deve pertanto affrontare con urgenza il problema della tratta da est verso ovest e adottare misure forti per contrastare questa particolare forma di violenza contro le donne.

La prostituzione è un fattore importante nel crimine organizzato, secondo soltanto alla droga in termini di portata, diffusione e volume di denaro interessato. Secondo le stime riportate sul sito di Havocscope la prostituzione genera entrate a livello mondiale pari a circa 186 miliardi di dollari l'anno.

Poiché la prostituzione è, in effetti, gestita dalla criminalità organizzata con una portata così ampia, e funziona come un mercato con la domanda che stimola l'offerta, le autorità di contrasto dell'UE devono adottare un'azione forte e adeguata per intercettare i criminali proteggendo al tempo stesso le vittime, le persone che praticano la prostituzione e le donne e ragazze oggetto di tratta a fini di sfruttamento sessuale. Altra materia distinta, benché correlata, e che richiede attenzione è quella della prostituzione su Internet, che è in aumento e in alcuni casi è collegata a siti che offrono pornografia.

  • Coercizione economica
Anche la disperazione finanziaria può portare le donne a entrare nel circuito della prostituzione. L'attuale crisi finanziaria sta facendo sentire i suoi effetti in quanto sono sempre più le donne (soprattutto madri sole) che entrano nel mondo della prostituzione nel proprio paese o arrivano dai paesi più poveri del sud dell'Unione europea per prostituirsi al nord. La prostituzione è quindi legata alla parità di genere in quanto è direttamente correlata al ruolo e al posto delle donne nella società, al loro accesso al mercato del lavoro, al processo decisionale, alla salute e all'istruzione, nonché alle alternative loro offerte, considerata la strutturale disparità di genere.

  • Due diversi approcci alla prostituzione e allo sfruttamento sessuale in Europa
La questione della prostituzione e della parità di genere è complicata dal fatto che vi sono due modelli contrapposti per affrontare il fenomeno. Il primo modello vede la prostituzione come una violazione dei diritti delle donne e uno strumento per perpetuare la disparità di genere. L'approccio legislativo corrispondente è abolizionista e penalizza le attività connesse alla prostituzione, contemplando talvolta l'acquisto di servizi sessuali, mentre la prostituzione non è illegale di per sé. Il secondo modello teorizza che la prostituzione stimola la parità di genere promuovendo il diritto della donna a controllare che cosa vuole fare del suo corpo. I sostenitori di tale modello affermano che la prostituzione è soltanto un'altra forma di lavoro e che il modo migliore di proteggere le donne nella prostituzione è migliorare le loro "condizioni di lavoro" trasformando la prostituzione in una professione, più precisamente un "lavoro sessuale". Ne consegue che nell'ambito di questo modello regolazionista, la prostituzione e le relative attività sono legali e regolamentate, e le donne sarebbero libere di scegliere i loro amministratori, noti anche come protettori. Tuttavia, si potrebbe anche considerare che far diventare la prostituzione e l'intermediazione ad essa legata attività normali, o in qualche modo legalizzarle, significa legalizzare la schiavitù sessuale e la disparità di genere a discapito delle donne.

Nell'Unione europea sono diffusi entrambi i modelli. Fornire prostituzione è legale in vari Stati membri, tra cui Paesi Bassi, Germania, Austria e Danimarca, mentre le persone che si prostituiscono o alcune delle loro attività (come l'adescamento) sono criminalizzati, del tutto o in parte, in alcuni paesi, tra cui Regno Unito, Francia e Repubblica d'Irlanda. Tuttavia, non è possibile combattere con efficacia la disparità di genere e lo sfruttamento sessuale prendendo le mosse da una simmetria di genere nelle attività dell'industria del sesso che in realtà non esiste.

Dove la prostituzione e la sua offerta sono legali, sono sempre più evidenti gli elementi che evidenziano le lacune del sistema. Nel 2007 il governo tedesco ha ammesso che la normativa che legalizza la prostituzione non aveva ridotto la criminalità e che oltre un terzo dei pubblici ministeri tedeschi aveva rilevato come la legalizzazione della prostituzione avesse reso più complesso il loro lavoro finalizzato a perseguire la tratta e lo sfruttamento di esseri umani (leggi la notizia).

Nel 2003 il sindaco di Amsterdam (Paesi Bassi) ha affermato che la legalizzazione della prostituzione non era riuscita a prevenire il fenomeno della tratta aggiungendo che sembrava impossibile creare una zona sicura e controllabile che fosse preclusa agli abusi della criminalità organizzata. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, i Paesi bassi sono la prima destinazione delle vittime della tratta di esseri umani.


  • L'efficacia del modello nordico
In considerazione del numero sempre maggiore di elementi attestanti che la legalizzazione della prostituzione e dell'attività d'intermediazione per fornirla non promuovono affatto la parità di genere né riducono la tratta degli esseri umani, la relazione conclude che la differenza essenziale tra i due modelli di parità di genere di cui sopra risiede nel fatto che vedere la prostituzione semplicemente come un "lavoro" contribuisce a mantenere le donne nel mondo della prostituzione. Ritenere la prostituzione una violazione dei diritti umani delle donne aiuta queste ultime a rimanerne fuori.

L'esperienza di Svezia, Finlandia e Norvegia, che non aderisce all'UE, dove per affrontare il problema della prostituzione si utilizza il "modello nordico", sostiene questo punto di vista. La Svezia ha modificato la sua legge in materia di prostituzione nel 1999, vietando l'acquisto di sesso e depenalizzando i soggetti che si prostituiscono. In altre parole, è la persona che acquista sesso, in teoria sempre l'uomo, che commette un reato e non la prostituta. La normativa introdotta dalla Svezia fa parte di un'iniziativa generale volta a eliminare tutti gli ostacoli alla parità delle donne nel paese.

In Svezia questa legislazione ha avuto un impatto estremamente forte. Nel paese, il numero di persone che si prostituiscono è un decimo rispetto alla vicina Danimarca, dove acquistare sesso è legale e la popolazione è inferiore. La legge ha anche modificato l'opinione pubblica in merito. Nel 1996 il 45% delle donne e il 20% degli uomini erano a favore della criminalizzazione dell'acquisto di sesso da parte degli uomini. Nel 2008 il 79% delle donne e il 60% degli uomini erano favorevoli alla normativa. La polizia svedese conferma inoltre che il modello nordico ha esercitato un notevole effetto deterrente sulla tratta a fini di sfruttamento sessuale.

L'efficacia di tale modello nel ridurre la prostituzione e la tratta di donne e ragazze e nel promuovere la parità di genere è sempre più evidente. Nel frattempo, i paesi in cui fornire prostituzione è un'attività legale si trovano a dover ancora affrontare problemi in relazione alla tratta di esseri umani e alla criminalità organizzata, due fenomeni legati alla prostituzione. La presente relazione è pertanto a favore del modello nordico ed esorta i governi degli Stati membri che adottano altri approcci per affrontare la questione della prostituzione a riesaminare la loro legislazione alla luce dei successi ottenuti in Svezia e in altri paesi che hanno introdotto il modello nordico. Tale scelta comporterebbe significativi progressi per la parità di genere nell'Unione europea.

La relazione non è contro le donne che si prostituiscono. È contro la prostituzione, ma a favore delle donne che ne sono vittime. Raccomandando di considerare colpevole l'acquirente, ossia l'uomo che compra servizi sessuali, anziché la prostituta, il presente testo costituisce un altro passo sul cammino che porta alla totale parità di genere nell'Unione europea”

La risoluzione è stata approvata dal Parlamento Europeo il 26 febbraio 2014


Sul tema dello sfruttamento sessuale leggi in questo Blog

Brasile. Mondiali di Calcio. E' allarme turismo sessuale infantile

mg