Ragazze siriane, anche sotto i 15 anni, vengono vendute come
‘mogli’ per poche centinaia di euro da genitori disperati. Vi sarebbe anche
questa tra le terribili conseguenze della guerra civile in Siria che ha spinto
molte migliaia di persone a cercare scampo nei Paesi vicini.
È diventato comune, spiega il giornalista Hassan Hassan
dalle colonne del quotidiano The National vedere su alcuni forum online arabi richieste di uomini che
“cercano ragazze siriane a scopo matrimonio”. Ma questo sarebbe solo un
espediente per ‘comprare’ minorenni a puro fine di godimento sessuale. I prezzi
offerti, secondo le fonti di stampa, vanno in media dai 500 ai 1.000 riyal
sauditi, cioè dai 105 ai 210 euro. Le ragazze sarebbero prelevate soprattutto
tra i profughi in Giordania e finirebbero in prevalenza in Arabia Saudita.
La Giordania è il paese che riceve il maggior numero di
rifugiati siriani: circa 532.000 su una popolazione di circa 6 milioni. Di
questi rifugiati la gran parte vive fuori dai campi profughi, ospiti incomodi
di un paese che già deve sopportare pesanti condizioni economiche.
Secondo quanto denunciato da diverse organizzazioni per i
diritti umani e confermato dai media sarebbe in corso
un’emergenza legata allo sfruttamento delle minorenni siriane rifugiate in
Giordania. Si starebbe diffondendo cioè una pratica per cui giovanissime
ragazze – a volte ancora bambine – vengono “vendute” come spose a ricchi uomini
arabi venuti apposta dai Paesi del Golfo. E’ questo ad esempio il caso di Reem
che appena sedicenne è stata venduta come sposa ad un ricco saudita di 70 anni
(El Pais).
Le famiglie arrivano a cedere le loro figlie per cifre
irrisorie, mosse dall’estrema povertà in cui versano nelle condizioni di
profughi. Una pratica questa che ben può essere considerata come analoga alla schiavitù e come tale proibita
dal diritto internazionale e in particolare dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1956 che qualifica e proibisce ogni istituzione o pratica secondo la
quale “una donna, cui non spetti il
diritto di sottrarsene, sia promessa o data in matrimonio mediante compenso in
denaro o in natura, fornito ai suoi genitori, al suo tutore, alla sua famiglia
o a qualsiasi altra persona o altro gruppo di persone”
Per denunciare questo tipo di abusi, è stata creata un’associazione con una pagina Facebook in arabo, intitolata “Rifugiate, non prigioniere”
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