luglio 30, 2012

ISLAM E FEMMINISMO. Seminario. Reportage della giornata

REPORTAGE DELLA GIORNATA

Il seminario  è stato segnato dal un grande successo di pubblico e di contenuti.

Notevole è stata l’affluenza del pubblico, al di là delle aspettative, di tante donne, ma non solo. Più di cento i partecipanti, donne e uomini, di varie nazionalità (in maggioranza italiane/i, marocchine/i e tunisine/i) e di varie confessioni (musulmane/i, cristiane/i, credenti e non credenti)  si sono ritrovati per dare vita ad un vivace dibattito che ha toccato momenti di profondità grazie alle relazioni introduttive di Asma Lambrabet e Souheir Katkhouda, due tra le più autorevoli studiose e attiviste musulmane che da tempo sono impegnate nella difesa dei diritti della donna nel mondo islamico, nonché grazie ai numerosi interventi di esponenti dell’associazionismo locale. Una partecipazione multietnica quindi che dimostra non solo l’interesse che suscita tra la popolazione italiana il fatto di conoscere finalmente un mondo che ci è sempre più vicino e che troppo spesso è guardato con diffidenza se non con ostilità, ma anche l’interesse che esiste nella stessa comunità immigrata musulmana di avvicinarsi ad un dibattito che si sta svolgendo con particolare vigore nel proprio paese d’origine. 

L’incontro, che ha abbracciato tutta la giornata con una pausa pranzo in cui è stato possibile gustare piatti tipici preparati dalle donne di Casa Africa e dell’Associazione donne e mamme musulmane di Albenga, è iniziato con la proiezione di un breve filmato prodotto da Casa Africa. Nel filmato,  su uno sfondo musicale di una celebre canzone magrebina cantata da una giovane tunisina, si susseguivano immagini e riprese di donne islamiche, velate e non velate, che lavorano in attività di tutti i tipi, manifestano politicamente le loro idee, fanno spettacolo, militano nell’esercito e così via, a testimonianza del grande impegno e dell’importante ruolo civile e politico che la donna oggi ha nei diversi paesi del mondo arabo.

Sono quindi seguiti gli indirizzi di saluto da parte di Fatima Arfaoui, presidente di Casa Africa, di Stefania Baldini, Segretaria Generale dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario che ospitava l’evento,  e  di Radhia Khalfallah, past president di Casa Africa. La presidente ha dato il benvenuto al numeroso pubblico intervenuto rimarcando l’importanza di una partecipazione, oltre che numerosa, soprattutto plurale di musulmani, cristiani, credenti e non credenti, arabi e italiani, mentre la past president ha illustrato brevemente come  Casa Africa sia nata sulla spinta dell’amicizia di alcune donne straniere e italiane, di differenti credo e laiche, con lo scopo, in particolare, di sostenere il protagonismo delle donne immigrate e promuovere la solidarietà e il dialogo tra le diverse componenti del mondo femminile.

Marina Gori, componente del consiglio direttivo di Casa Africa e coordinatrice del seminario, e Radhia Khalfallah si sono poi alternate come moderatrici delle relazioni e dei numerosi interventi.
Le relazioni principali sono state tenute da Asma Lamrabet, e da Souheir Katkhouda.

Asma Lamrabet, ematologa nell’ospedale Avicennes di Rabat, coordinatrice del gruppo internazionale di ricerca sulla donna musulmana e il dialogo interculturale, presidente e co-fondatrice del GIERFI (Group international d’études et de réflexion sur femmes et Islam) e autrice di fama internazionale di numerosi libri sui temi della donna e l’Islam, ha svolto due relazioni.
Nella prima, Donne musulmane e stereotipi occidentali, realtà o pregiudizi?”,  la relatrice, premesso che pregiudizi e realtà generalmente convivono e si alimentano a vicenda nella costruzione di uno stereotipo, ha argomentato come gli stereotipi occidentali nei confronti delle donne musulmane, alimentati da una terrificante macchina mediatica, si riducano ad una visione essenzialista in cui la donna musulmana viene ridotta alla sua simbologia più arcaica che esiste solo in parte, ma che è anche contraddetta da una realtà plurale e molto più complessa. Ha inoltre individuato l’origine della costruzione di tale stereotipo in una visione di stampo orientalista e colonialista che certe femministe europee a giusto titolo indicano come il prodotto dell’intreccio tra sessismo e razzismo, visione che finisce per relativizzare se non addirittura ad assolvere le altre culture e società, in particolare quelle occidentali, da ogni accusa di discriminazione di genere. Nonostante l’insopportabile strumentalizzazione internazionale che viene fatta di questo stereotipo la realtà –ha detto la relatrice- è che le donne musulmane si trovano a vivere in uno status che è tra i più precari del mondo e che trova origine soprattutto dalla strumentalizzazione politica che dei dettami religiosi viene fatta nel mondo arabo e che tradisce il vero messaggio spirituale dell’islam (vedi seconda relazione). Peraltro questa visione estremizzata della donna musulmana da parte del mondo occidentale, vissuta come un’insopportabile e pericolosa ingerenza da parte del mondo arabo, ha contribuito, insieme alla crisi identitaria che attraversa oggi il mondo islamico, a considerare la donna araba come l’ultimo baluardo da difendere dell’identità musulmana.
Nella seconda relazione “Femminismo islamico: i precetti del Corano nella  prospettiva della parità di genere”, la relatrice, premesso che occorre smontare l’idea preconcetta che esiste un solo femminismo di stampo ideologico restrittivo di tipo occidentale e che esistono invece numerosi femminismo, tra cui anche il femminismo postcoloniale delle donne del sud, ha tracciato una definizione di femminismo universale  dimostrando l’assoluta legittimità e non contraddittorietà della definizione “Femminismo Islamico”. E’ passata poi ad argomentare, testi alla mano, come sia possibile all’interno della cultura dell’islam rivendicare l’uguaglianza di genere a partire da una lettura riformista dei versetti del Corano che è l’approccio appunto del femminismo islamico. Una lettura che a fronte dell’esistenza di diversi livelli nei versetti coranici dà priorità assoluta ai versetti universali e ai tre principi fondanti dell’islam, lettura quest’ultima che è stata distorta dal patriarcato religioso e dalle manipolazioni politiche.

Souheir Katkhouda,  di origine siriana, ma residente da diversi anni in Italia, presidente e socia fondatrice dell’Associazione Donne Musulmane in Italia (ADMI), membro dell’ European Forum of Muslim Women (EFOMW), dopo aver proiettato un video in cui venivano illustrati l’attività e il ruolo svolti in Italia dall’ADMI, nella sua prima relazione, “La donna araba agli albori dell’Islam, teologhe, filosofe e  scienziate...”, ha parlato dell’importante ruolo paritario che le donne rivestivano a quell’epoca all’interno dell’islam e dell’importante contributo che esse diedero alla costruzione della cultura islamica. Illustrando la vita e le opere di numerose donne musulmane che sono entrate nella storia, ha sottolineato come queste donne avessero scelto l’islam proprio perché quel messaggio costituiva una liberazione da ogni forma di oppressione e ingiustizia, anche maschilista, che caratterizzava la società meccana- preislamica. Mediche, filosofe, teologhe, politiche, scienziate, scrittrici partecipavano al pari degli uomini alla vita pubblica, sociale e religiosa dell’epoca. I secoli che seguirono – ha affermato la relatrice- furono per la cultura islamica secoli di stagnazione e di decadenza sotto il profilo scientifico e diminuì così anche il numero delle donne in esso impegnate, inoltre con l’espandersi del mondo islamico si diffusero anche pratiche e credenze preislamiche che per ignoranza venivano attribuite all’islam stesso.
Affrontando poi il secondo argomento, “Il ruolo della donna nei  diversi contesti  politici del mondo arabo e nelle odierne rivoluzioni. La primavera araba e le sue ricadute sulle donne immigrate”, la relatrice ha dimostrato come il ruolo delle donne sia e sia stato fondamentale per la primavera araba e ha citato le innumerevoli donne, di ogni estrazione sociale e di ogni religione, con o senza velo, che hanno partecipato, dallo Yemen alla Siria, dalla Tunisia all’Egitto, alle rivoluzioni arabe in prima linea con gli uomini. Ha quindi tracciato lo scenario sociale e umano di queste rivoluzioni il cui obiettivo è l’eliminazione di sistemi politici dittatoriali marci e corrotti, luogotenenti degli antichi colonizzatori in un’area del mondo che subisce ancora il colonialismo indiretto. Ha aggiunto poi che attraverso la partecipazione alla costruzione delle società post-rivoluzione, come nei momenti elettorali o nella stesura delle nuove costituzioni, le donne chiedendo riforme e diritti che siano in grado di cambiare veramente il loro status possono diventare un elemento chiave dei processi di trasformazione democratica. Questi accadimenti – ha detto la relatrice- sono vissuti intensamente anche dalle donne arabe che vivono in Italia e ciò contribuisce a sperare che la nascita di nuove democrazie nel mondo arabo possa contribuire a far cadere diffidenze per fare posto alla cultura della simpatia.  
  
Le relazioni sono state intercalate da interventi di rappresentanti di movimenti femminili ed esponenti della cultura islamica.
In particolare quello di Lara Aisha Bisconzo, presidente dell’Associazione donne e mamme musulmane di Albenga, sulle difficoltà che le donne musulmane, in particolare quelle italiane convertite all’islam, incontrano in Italia nel professare la loro fede; di Miriana Semeria per il CID -Centro Iniziativa Donne- di Sanremo, sull’islam politico e sui pericoli che rappresenta uno stato teocratico; di Hamza Piccardo, del direttivo UCOII, Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e autore della traduzione italiana del Corano, sul fondamenti spirituali ed egualitari del messaggio coranico; di Filomena Loreto per P.E.N.E.L.O.P.E.  -Associazione Donne del Ponente per le Pari Opportunità- di Bordighera, sulle tappe dell’emancipazione femminile in Italia; di Raffaella Rognoni, presidente di Donne Impresa Liguria di Confartigianato, sul concetto di stereotipo e su come esso si forma; di Antonella Squillace, presidente dell’Associazione di Mediazione Culturale Mappamondo di Sanremo, su alcune problematiche connesse al femminismo cattolico e su alcuni movimenti femminili cattolici. L’incontro si è concluso con la testimonianza  drammatica di Bibi, moglie e madre Pakistana che il marito e il cognato hanno tentato di uccidere insieme alla giovane figlia poiché si opponeva al matrimonio combinato di quest’ultima. Bibi ha avuto la forza di scappare e il coraggio di denunciare tutto alla polizia ed ha vissuto questi ultimi anni in una casa protetta. Ha voluto rendere pubblica la sua esperienza per dare coraggio ad altre donne che vivono situazioni analoghe.

Numerosi sono stati però anche gli interventi da parte del numeroso pubblico per ottenere informazioni e approfondimenti su argomenti tanto vivi e interessanti.
Ne è emerso un dibattito che ha messo ben presto in luce come la battaglia contro le discriminazioni e le violenze di genere abbracci ogni latitudine e come, al di là delle differenze culturali e delle diverse convinzioni religiose in cui si riconoscono i numerosi "femminismi" attivi sulla scena internazionale, tale battaglia debba essere condotta unitariamente, dando peso cioè a ciò che ci unisce. In molti  hanno chiesto che questo dibattito possa proseguire anche in futuro.
Casa Africa desidera ringraziare le relatrici, in modo particolare, nonché tutte/i coloro che con il proprio intervento e la propria partecipazione hanno contribuito al buon esito del seminario. Ringrazia altresì l'Istituto Internazionale di Diritto Umanitario per la sua affettuosa ospitalità e il Cespim che ha promosso l'iniziativa.

Conclusioni:
Le donne rappresentano un importante anello di congiunzione tra i modelli culturali di cui sono portatrici le diverse comunità che convivono in un determinato paese. Condividono infatti le stesse sofferenze e conducono le stesse battaglie contro le forme di violenza e di discriminazione di genere di cui molte sono vittime quale sia la loro origine etnica, o nazionale. In particolare poi le donne straniere hanno un peso decisivo e fondamentale in questo ruolo di mediazione dato che la migrazione coincide per molte con momenti cruciali della loro vita che le espone a cambiamenti importanti, ciò soprattutto nel caso in cui siano presenti figli ove è la madre sovente a dover stabilire i legami con la società di accoglienza.
Nella provincia di Imperia la comunità arabo-islamica rappresenta la componente più numerosa della popolazione immigrata extracomunitaria, con il 40% costituito da donne. Tuttavia nei confronti di questa componente femminile sono frequenti atteggiamenti di diffidenza e di esclusione radicati in pregiudizi determinati per lo più da una scarsa conoscenza della reale consistenza e complessità della loro cultura. Peraltro con questi stereotipi, consistenti nell’immaginario di una donna irrimediabilmente sottomessa ad una cultura maschilista e patriarcale, situazione che si dà per scontato come indissolubilmente legata alla religione islamica, la società di accoglienza finisce per alimentare la riproduzione di queste stesse situazioni oltre a condannare le donne immigrate musulmane all’isolamento ed all’emarginazione. In realtà si tratta di pregiudizi ingiustificati se si considera, come è stato ampiamente dimostrato nel corso del seminario, che mentre nel passato la donna nel mondo islamico ha avuto un ruolo di primo piano, forse più di quanto non lo abbia avuto nel mondo occidentale, oggi,  nei diversi contesti politici che caratterizzano la società araba, si vanno affermando movimenti femminili che rivendicano con forza spazi e diritti  appellandosi proprio ai dettami della religione islamica, dettami spesso arbitrariamente distorti da una lettura patriarcale. Movimenti che sono poi in prima linea nelle rivoluzioni in atto e nella costruzione delle società post rivoluzione.
Riteniamo che l’iniziativa abbia raggiunto l’obiettivo che si proponeva di avvicinare alla complessa realtà del mondo arabo, in particolare quello femminile, promuovere la presa di coscienza e il protagonismo delle donne arabe presenti nella nostra provincia e favorire così l’incontro fra le diverse componenti  del mondo femminile –e non solo- nella nostra società.
Il Consiglio Direttivo di Casa Africa
mg

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