Il 19 luglio scorso
sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE sono
state pubblicate le linee guida che precisano i limiti territoriali ai quali
si applicherà a partire dal 2014 la cooperazione dell’Unione Europea con Israele. Si tratta di una
decisione che ha una portata politica di notevole importanza perché stabilisce
chiaramente che gli Accordi UE-Israele, i finanziamenti comunitari, gli scambi
finanziari, economici e culturali non saranno applicabili ai territori occupati da
Israele dal 1967, territori che l’Unione Europea non riconosce come territori
di Israele e che Israele invece continua a colonizzare illegalmente, contro il
diritto internazionale. (v. in dettaglio la notizia in apiceuropa.eu).
“…2. Per territori occupati da Israele dal giugno
1967 – precisa il provvedimento comunitario-
si
intendono le Alture del Golan, la Cisgiordania inclusa Gerusalemme est, e la
Striscia di Gaza.
3. L'Unione europea
non riconosce la sovranità di Israele sui territori di cui al punto 2 che non
ritiene parte del territorio d'Israele, indipendentemente dal loro status
giuridico nell'ordinamento israeliano…”.
La decisione costituisce corretta applicazione di quanto
statuito nella Risoluzione con cui
nel novembre dello scorso anno l’Assemblea Generale ha ammesso lo Stato Palestinese alle Nazioni Unite: “…riaffermando il principio, sancito dalla
Carta ⦋delle NU⦌ della inammissibilità dell'acquisizione di territori
con la forza, riaffermando anche le sue risoluzioni 43/176 del 15 dicembre 1988
e 66/17 del 30 novembre 2011 e tutte le risoluzioni pertinenti in merito alla
soluzione pacifica della questione palestinese le quali, tra l'altro,
sottolineano la necessità del ritiro di
Israele dai territori palestinesi occupati dal 1967…e la completa cessazione di
tutte le attività di colonizzazione israeliana nei Territori palestinesi
occupati, compresa Gerusalemme Est…” (v. il nostro articolo pubblicato nel novembre scorso)
Nei territori occupati da Israele dopo il 1967 –informa Luisa Morgantini di assopacepalestina.org- vivono circa 500mila coloni che controllano il 43% dei territori tra Cisgiordania e
Gerusalemme est e la maggior parte delle risorse naturali e idriche. Pur se
tali colonie sono di fatto illegali secondo la legge internazionale, gli Stati
europei hanno un volume di affari con loro di 100 volte superiore a quello che
hanno con i palestinesi. Aggiunge Luisa Morgantini che la decisione adottata potrà
avere un impatto positivo sulle possibilità di pace e bloccare le costruzioni
illegali nei territori palestinesi poiché Israele finalmente capirà che il
proseguimento della colonizzazione e dell’occupazione ha un prezzo da pagare.
Tra l'altro le principali banche e
compagnie israeliane rischiano di perdere i prestiti della Banca di Investimento
UE. Tra i soggetti esclusi dal ricevere
prestiti dalla Banca di Investimento Europea -segnala "articolo21"- ci saranno
le principali banche israeliane, comprese Bank Hapoalim, Mizrahi Tefahot Bank e
Bank Leumi, che operano illegalmente nei territori occupati e hanno filiali
nelle colonie illegali israeliane.
Secondo alcuni osservatori internazionali le implicazioni di tale decisione non faranno che
contribuire alla ricerca di una soluzione negoziata del conflitto arabo-israeliano
per svariati motivi. Tuttavia, almeno per il momento, la risposta israeliana alla
decisione di Bruxelles contro le colonie appare di segno opposto: non saranno
rilasciati permessi per progetti in Cisgiordania e sarà vietato l'ingresso al
personale della UE.
Nel frattempo l’Italia continua a fare affari con Israele, e in particolare con l’export armato.
Sebbene la legge n.185 del 1990 che regola l’export militare italiano stabilisca (art.1,
comma 6) che l'esportazione di materiali di armamento sono vietati verso paesi
in conflitto o in cui siano accertate gravi violazioni dei diritti umani o la
cui spesa miliare è eccessiva rispetto a quella sociale (tutte “qualità” in cui
Israele eccelle), al primo posto nell’export armato italiano c’è Israele (473
milioni di esportazioni autorizzate)
mg
mg
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