Non
sono pochi gli ebrei che hanno preso le
distanze dalla politica colonizzatrice e segregazionista di Israele e dalle operazioni militari che
il suo governo sistematicamente e periodicamente compie per portarla avanti (quella
di quest’anno è la quarta operazione nella striscia di Gaza dal 2006, anno in cui Hamas vinse le elezioni ai
danni di Fatah, il partito fondato da Yasser Arafat e retto oggi dal presidente
dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas -noto in Italia come Abu
Mazen-).
Tra i dissidenti figurano i nomi di alcuni dei più autorevoli intellettuali e artisti di fama internazionale
Zygmunt Bauman, è tra i più noti ed influenti pensatori del nostro tempo, sociologo e filosofo, professore emerito nelle
Università di Varsavia e Leeds. Nato in Polonia da famiglia ebraica e sfuggito
all'Olocausto quando la Polonia fu invasa dalle truppe naziste prima della
seconda guerra mondiale, così si esprime nei confronti della politica di
Israele mettendone in evidenza il sistema segregazionista.
"Ciò a cui stiamo assistendo oggi è uno spettacolo
triste: i discendenti delle vittime dei ghetti nazisti cercano di trasformare la
striscia di Gaza in un altro ghetto...Israele pratica l'apartheid ricorrendo
a "due sistemi giudiziari palesemente differenti: uno per i coloni
israeliani illegali e un altro per i palestinesi 'fuorilegge': una giustizia
che cambia in base alle persone. Per non parlare dei territori e delle strade
riservate solo a pochi. E io aggiungo: i governanti israeliani insistono,
giustamente, sul diritto del proprio paese di vivere in sicurezza. Ma il loro
tragico errore risiede nel fatto che concedono quel diritto solo a una parte
della popolazione del territorio che controllano, negandolo agli altri" (leggi tutto).
Lo stesso Dipartimento di Stato degli USA in un rapporto del 2009 ha riconosciuto che la società israeliana è strutturata in modo da essere "intollerante" e che "Israele discrimina i musulmani, gli ebrei progressisti, i cristiani, le donne e i beduini".
Noam Chomsky, di famiglia ebraica originaria dell'Europa dell'Est, eminente linguista e filosofo, professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology, non usa mezzi termini nel mettere a nudo l'obiettivo che Israele persegue con le sue c.d. "operazioni difensive":
"In mezzo a tutti gli orrori che caratterizzano l'ultima offensiva israeliana a Gaza, l'obiettivo di Israele è semplice: calma in cambio di calma, un ritorno alla norma. Per la Cisgiordania la norma è che Israele continui la costruzione illegale di insediamenti e infrastrutture in modo che possa integrare al suo territorio tutto quello che potrebbe essere di valore, relegando nel frattempo i palestinesi in cantoni non redditizi e sottoponendoli alla repressione e alla violenza. Per Gaza, la norma è un'esistenza miserabile sotto un assedio crudele e distruttivo che Israele amministra per consentire la nuda sopravvivenza, ma niente di più" (leggi tutto)
Lo stesso Dipartimento di Stato degli USA in un rapporto del 2009 ha riconosciuto che la società israeliana è strutturata in modo da essere "intollerante" e che "Israele discrimina i musulmani, gli ebrei progressisti, i cristiani, le donne e i beduini".
Noam Chomsky, di famiglia ebraica originaria dell'Europa dell'Est, eminente linguista e filosofo, professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology, non usa mezzi termini nel mettere a nudo l'obiettivo che Israele persegue con le sue c.d. "operazioni difensive":
"In mezzo a tutti gli orrori che caratterizzano l'ultima offensiva israeliana a Gaza, l'obiettivo di Israele è semplice: calma in cambio di calma, un ritorno alla norma. Per la Cisgiordania la norma è che Israele continui la costruzione illegale di insediamenti e infrastrutture in modo che possa integrare al suo territorio tutto quello che potrebbe essere di valore, relegando nel frattempo i palestinesi in cantoni non redditizi e sottoponendoli alla repressione e alla violenza. Per Gaza, la norma è un'esistenza miserabile sotto un assedio crudele e distruttivo che Israele amministra per consentire la nuda sopravvivenza, ma niente di più" (leggi tutto)
Chomsky ha definito Gaza la prigione a cielo aperto più grande del mondo
mg
leggi anche in questo blog:
Storici e archeologi israeliani smantellano i miti fondatori della colonizzazione sionista
Abraham Yehoshoua è uno dei più
influenti e apprezzati scrittori israeliani, professore universitario vive ad Haifa dove insegna letteratura comparata e letteratura
ebraica. In una recente intervista rilasciata a Rainews (che
potete ascoltare QUI) contesta
in modo deciso le scelte compiute dal governo israeliano e ne sottolinea l’errore “gravissimo” di essersi rifiutato di intavolare negoziati
di pace con il governo di Unità Nazionale Palestinese (costituito il 2
giugno scorso e
nato dal processo di riconciliazione tra Hamas e Fatah) e aggiunge: “il
governo israeliano non vuole arrivare alla pace in realtà, poiché vuole
prendersi la metà del territorio della Cisgiordania, questo è quello che
vogliono” .
Ilan Pappe, storico israeliano è
professore nel Dipartimento di Storia dell’Università di Exeter (Regno
Unito). Fondatore nel 1992 dell’Istituto per la Pace a Givat Haviva (Israele) è
autore di libri famosi come “La pulizia etnica della Palestina”, “Storia
della Palestina moderna”, “Israele-Palestina”, “La retorica della coesistenza”.
Il 29 luglio scorso, mentre l’operazione israeliana “Margine protettivo”
seminava distruzione e morte nella striscia di Gaza, Ilan Pappe ha scritto una lettera aperta alla famiglia della
millesima vittima del massacro in cui manifesta tutto il suo sdegno e la
sua solidarietà al popolo palestinese: “...l’uccisione del
vostro amato, così come la trasformazione dei quartieri di Gaza in macerie e
l’allontanamento di 150.000 persone dalle loro case, è parte di una strategia
israeliana ben calcolata: questa carneficina distruggerà l’impulso dei
palestinesi di Gaza a resistere alle politiche israeliane... Prego e spero che in questo momento,
guardando alle rovine di Shujaiya, Deir al-Balah e Gaza City e a ciò che il mio
Paese ha prodotto con aerei da guerra israeliani, carri armati e artiglieria,
voi non perdiate la speranza nell’umanità. Questa umanità comprende anche i
cittadini di Israele non ancora nati, che
forse saranno in grado di sfuggire a una macchina di indottrinamento sionista che
insegna loro, dalla culla alla tomba, a disumanizzare i palestinesi...”(leggi tutto)
Moni Ovadia, nato in Bulgaria da famiglia ebraica vive in Italia. E’ attore
teatrale, drammaturgo, scrittore e compositore di fama internazionale, dedito al
recupero e alla rielaborazione del patrimonio culturale degli ebrei dell'Europa
orientale.
E’ stato iscritto alla comunità ebraica di Milano fino al novembre 2013 data in cui ha deciso di lasciarla a causa delle
atrocità perpetrate da parte dello Stato di Israele nei confronti del popolo
palestinese e in quanto, egli dice, “ciò
che si chiama comunità ebraica è in realtà un ufficio di propaganda del governo
israeliano”.
Strenuo difensore della necessità di una scissione in seno alla comunità
da parte degli ebrei democratici e progressisti contro coloro che vogliono “israelizzare”
l’ebraismo, rivendica la sua appartenenza alla comunità ebraica soprattutto per l’universalismo
e l’umanesimo che caratterizza l’ebraismo.
In un’intervista telefonica rilasciata recentemente a rainews Moni Ovadia spiega con estrema chiarezza le ragioni per cui "Israele non vuole la pace"
Intervista a Moni Ovadia che potete ascoltare QUI
Nell'intervista Moni Ovadia fa riferimento a quei coraggiosi giornalisti israeliani che scrivono la verità dalle colonne del giornale progressista haaretz.
Fra questi vanno citati Amira Hass e Gideon Levy.
Amira Hass, in un articolo tradotto e pubblicato da Internazionale, scrive: "La nostra sconfitta morale ci perseguiterà per molti anni..." (leggi tutto)
Gideon Levy, in un articolo tradotto e pubblicato da Nena-News, afferma: "Israele non vuole la pace. L’atteggiamento di rifiuto è intrinseco alle convinzioni più radicate di Israele. Qui risiede, a livello più profondo, il concetto che questa terra è destinata solo agli ebrei. Il dato di fatto più evidente è il progetto di colonizzazione. Fin dalle sue origini, non c’è mai stato una più attendibile o più evidente prova inconfutabile delle reali intenzioni di Israele..." (leggi tutto)
Nell'intervista Moni Ovadia fa riferimento a quei coraggiosi giornalisti israeliani che scrivono la verità dalle colonne del giornale progressista haaretz.
Fra questi vanno citati Amira Hass e Gideon Levy.
Amira Hass, in un articolo tradotto e pubblicato da Internazionale, scrive: "La nostra sconfitta morale ci perseguiterà per molti anni..." (leggi tutto)
Gideon Levy, in un articolo tradotto e pubblicato da Nena-News, afferma: "Israele non vuole la pace. L’atteggiamento di rifiuto è intrinseco alle convinzioni più radicate di Israele. Qui risiede, a livello più profondo, il concetto che questa terra è destinata solo agli ebrei. Il dato di fatto più evidente è il progetto di colonizzazione. Fin dalle sue origini, non c’è mai stato una più attendibile o più evidente prova inconfutabile delle reali intenzioni di Israele..." (leggi tutto)
mg
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