dicembre 20, 2015

TUNISIA. Il Nobel per la Pace ai rappresentanti della società civile che hanno garantito il successo della rivoluzione dei gelsomini. La cantautrice tunisina Amel Mathlouthi canta al concerto dopo la consegna del premio.


Si dice che la primavera araba abbia fallito, in realtà è stata fatta fallire dagli interessi e dalle strategie geopolitiche di potenze straniere (occidentali e loro alleati medio orientali) che hanno voluto colmare il vuoto di potere lasciato da dittatori cacciati a furor di popolo.
In questo scenario la Tunisia, che nel dicembre del 2010 fu patria della primavera araba, rappresenta un’eccezione.  “Il popolo ha vinto una rivoluzione pacifica che illumina il mondo”, commentò Rached Ghannouchi, Presidente di Ennahda, il partito islamico moderato che era maggioranza all’Assemblea Costituente, all’indomani dell’approvazione della nuova Costituzione del Paese, una delle più avanzate del mondo arabo, approvazione avvenuta con un consenso quasi plebiscitario nel gennaio 2014.
Ai rappresentanti della società civile che hanno collaborato come mediatori per la democratizzazione del Paese garantendo il successo della “rivoluzione dei gelsomini” è stato assegnato quest’anno il premio Nobel per la Pace. Si tratta del “Quartetto per il dialogo nazionale tunisino” costituito da quattro importanti organizzazioni: l’Unione generale tunisina del lavoro, la Confederazione dell’industria del commercio e dell’artigianato, la Lega tunisina per i diritti dell’uomo e l’Ordine nazionale degli avvocati.
Va detto tuttavia che la strada per la democratizzazione del Paese non può dirsi del tutto compiuta e si presenta irta di ostacoli. Ancora oggi  la popolazione è costretta a scendere in piazza per difendere le sue conquiste che sono messe a dura prova da ripetuti e cruenti attacchi di gruppi fondamentalisti che premono dalla vicina Libia, ma che trovano spesso complicità anche all’interno del Paese. Gruppi appoggiati e finanziati da quelle potenze (in particolare Qatar e Arabia Saudita) che desiderose di accrescere in Nordafrica e nel Maghreb la loro influenza all’indomani della rivoluzione erano piombate nel Paese nel tentativo di aprirsi un varco attraverso la religione. Considerazioni queste che hanno portato ultimamente il governo a chiudere 80 moschee che erano andate fuori controllo statale.
Ma oggi il popolo tunisino è orgoglioso di questo riconoscimento internazionale con cui mostra al mondo un nuovo volto dell'Islam e applaude Amel Mathlouthi, cantautrice tunisina, che al concerto organizzato dopo la consegna del premio canta la canzone da lei scritta: “كلمتي حرة, Kelmti Horra, Ma parole est libre”.


Il testo completo e la traduzione italiana della canzone QUI


mg

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