La
notizia di un’imminente missione italiana militare in Niger con lo scopo di combattere il
traffico di migranti e il terrorismo, annunciata ufficialmente dal presidente
del Consiglio Paolo Gentiloni al termine del G5 Sahel di Parigi (l’incontro tra i cinque paesi del
Sahel: Burkina Faso, Chad, Mali, Mauritania e Niger e i capi di stato di
Francia, Germania e Italia) fa accendere i riflettori su quella che è l’attuale
politica dell’UE in questa zona strategica del continente africano e sugli interessi che tale politica cela.
Nell’articolo “In Niger l’UE si traveste da benefattrice
per non fare il lavoro sporco”, pubblicato nel n.11/17 di Limes, Andrea De Gregorio (Ispi Associate Research Fellow su terrorismo nel Shael), spiega come la pletora dei c.d. aiuti ‘allo sviluppo’ erogati al Niger,
abbia in realtà come vero obiettivo quello bloccare i migranti e accaparrarsi
le risorse di questo paese.
“Se il binomio minaccia terroristica globale-gestione dei flussi migratori funge da pretesto per la crescente militarizzazione del Niger”, afferma De Gregorio, “gli interessi nascosti di alcune potenze mondiali qui impegnate sembrano invece rappresentare mire di natura neo-coloniale. Sfruttamento delle risorse locali (uranio, gas naturale, oro e diamanti, n.r.d.) e creazione di basi militari per il controllo di vasti territori strategici sono i veri pilastri della «corsa al Niger», una partita diventata negli ultimi mesi decisiva nella ridefinizione delle sfere d’influenza nel Sahel e, più in generale, nell’intera Africa occidentale. La pressione della Cina e di altri nuovi attori regionali, quali Sudafrica e India, sta spingendo le potenze occidentali a un rinnovato impegno militare e diplomatico in Niger...”.
Francia, Stati Uniti e Germania sono gli attori principali e l’Italia non vuole rimanere indietro.
“Se il binomio minaccia terroristica globale-gestione dei flussi migratori funge da pretesto per la crescente militarizzazione del Niger”, afferma De Gregorio, “gli interessi nascosti di alcune potenze mondiali qui impegnate sembrano invece rappresentare mire di natura neo-coloniale. Sfruttamento delle risorse locali (uranio, gas naturale, oro e diamanti, n.r.d.) e creazione di basi militari per il controllo di vasti territori strategici sono i veri pilastri della «corsa al Niger», una partita diventata negli ultimi mesi decisiva nella ridefinizione delle sfere d’influenza nel Sahel e, più in generale, nell’intera Africa occidentale. La pressione della Cina e di altri nuovi attori regionali, quali Sudafrica e India, sta spingendo le potenze occidentali a un rinnovato impegno militare e diplomatico in Niger...”.
Francia, Stati Uniti e Germania sono gli attori principali e l’Italia non vuole rimanere indietro.
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Limes, n.11/2017 |
Il Niger figura fra gli Stati che sono considerati beneficiari “prioritari” degli aiuti “allo sviluppo” stanziati dal Fondo Fiduciario di Emergenza per l’Africa (EUTF). Tale Fondo, istituito nell’ottobre 2015 in occasione del vertice euro-africano tenutosi a La Valletta con l’obiettivo di finanziare con rapidità iniziative per «affrontare le cause profonde delle migrazioni irregolari», ammonta ad a 2,8 miliardi di euro di cui l’80% è preso dall’European Development Fund (FES), il fondo principale per gli aiuti europei allo sviluppo il quale vede conseguentemente ridotte le sue capacità d’azione nel lungo periodo.
Sviamento di
fondi
In tal modo quest’ultimo fondo, che per la legge europea dovrebbe
essere deputato alla lotta alla povertà e allo sviluppo sostenibile per affrontare sfide di tipo
strutturale e di lungo periodo dei Paesi
africani, viene usato per un intento sostanzialmente politico, quello di porre
un freno al fenomeno migratorio nel breve
periodo. Ciò che avviene attraverso una vera e
propria militarizzazione del paese che, in ultima analisi, appare destinata al controllo del territorio e delle risorse.
Questo denaro, infatti, va a finire per la fornitura di attrezzature
militari, la formazione di forze di polizia, l’istituzione di centri di
detenzione per migranti e sistemi per la raccolta di dati biometrici, anziché per
scuole, acqua potabile, assistenza sanitaria, etc.
Di fatto – come denuncia un rapporto di Global Health Advocates -
alcuni paesi hanno aumentato il proprio bilancio per la
sicurezza e la difesa, a discapito di investimenti in settori chiave come
istruzione e salute. In Niger il Fondo Monetario Internazionale ha registrato
che nel 2015, quando è stata approvata, sotto pressione dei partner europei, una legge ad hoc sulla lotta al traffico
di migranti sono stati tagliati i fondi per la
salute e l’educazione e dirottati sulle politiche di sicurezza.
La piaga
della corruzione: corrotti e corruttori
Una deviazione di fondi quella attuata dal Fondo Fiduciario di Emergenza fortemente criticata dal Parlamento Europeo che ne ha denunciata la poca trasparenza e ha inoltre messo in guardia
circa l'invio di denaro verso Stati autoritari e corrotti.
Durante la conferenza ad alto livello "per un Nuovo Partenariato con l'Africa", organizzata dal Parlamento europeo il 22
novembre scorso ad una settimana dal quinto Vertice Africa–Ue di Abidjan, il
filantropo multimiliardario sudanese Mohammed ‘Mo’ Ibrahim ha messo il dito nella
piaga della corruzione. “Noi africani -ha detto- siamo consapevoli delle nostre
responsabilità. Sappiamo che questa è la nostra battaglia, ma da parte vostra
abbiamo bisogno di più trasparenza. Un
politico africano di certo non si corrompe da solo, no?” (v.p.es. il caso "uranium-gate" che ha coinvolto Areva). Ha quindi
spiegato che se l’Europa non si decide a combattere l’esistenza dei paradisi
fiscali dove i governanti africani nascondono i propri soldi e i casi di corruzione di quegli stessi governanti da
parte dei “businessman europei”, un partenariato tra
Europa e Africa è praticamente inutile. Nonostante le più buone intenzioni.
Una forma di
neocolonialismo
Il
rapporto di monitoraggio sul Fondo Fiduciario d’Emergenza per l’Africa
pubblicato quest’anno da CINI (Coordinamento Italiano NGO Internazionali) e CONCORD (Network delle ONG in Europa per lo
sviluppo e l’emergenza) mette in rilievo quali sono i punti critici della gestione del Fondo che viene per lo più attuata secondo una tipica logica neocoloniale. Ciò a conferma della reale finalità del Fondo, destinato a soddisfare più gli interessi europei che a combattere la povertà dei paesi africani. Infatti, si legge nel rapporto:
“I progetti (finanziati
dal Fondo n.r.d.) sono ideati
direttamente dagli Stati membri e a Bruxelles, riflettendo le priorità nazionali europee.
Il processo di selezione non è trasparente e soggetto a
pressioni da parte degli Stati membri, che spingono per l’ammissione a finanziamento
dei propri progetti.
I fondi ritornano quindi negli Stati e nelle loro agenzie
di attuazione.
Inoltre, spesso, soprattutto nelle fasi iniziali, diversi
progetti possono risultare lontani dai
bisogni locali e privi di una visione a tutto tondo.
Gli attori
locali sono raramente consultati, e comunque questo avviene solo quando le decisioni sono già state prese”
Effetti distorsivi in termini di sviluppo
Il risultato di tale gestione, conclude il rapporto citando i casi studio sulla Libia e sul Niger, è che la politica dell’EUTF,
contestata oltretutto dalla maggioranza delle organizzazioni della
società civile africane, può generare gravi effetti avversi in termini di
sviluppo, di tutela dei diritti umani e della stessa gestione delle migrazioni. I
progetti, essendo frutto delle priorità politiche dei paesi europei, rischiano di alimentare governi
inadeguati, di incoraggiare attività di contrabbando e traffico di esseri umani
più rischiose per i migranti, di facilitare le politiche di detenzione e
violazione dei diritti umani, di limitare l’impatto economico positivo della
migrazione regolare e di impedire ai rifugiati di accedere alla protezione di
cui hanno bisogno.
Viene infine sottolineato come la parola “emergenza” cui fa riferimento il
Fondo Eutf sia
una contraddizione in termini, dato che
la vera emergenza in Africa e in particolare in Niger è lo sviluppo e la
lotta alla povertà che non possono essere risolti rapidamente, ma richiedono processi di lungo periodo e soluzioni di carattere strutturale.
Leggi anche:
Lettera43. Quel rapporto che critica gli aiuti UE ai paesi africani
Affarinternazionali. UE/Africa: aiuti allo sviluppo merce di scambio
Affarinternazionali. Africa/UE: Vertice di Abidjan, la prima volta sub-sahariana
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mg
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