Il 22 gennaio
scorso il Parlamento marocchino ha votato all'unanimità l’abrogazione del paragrafo contenuto nell’art. 475 del codice
penale relativo alle così dette "nozze riparatrici" che consentiva a chi avesse abusato di una minore di evitare il
carcere ove avesse sposato la sua vittima.
Una norma questa
dettata a salvaguardia dell’”onore della famiglia” e a cui le giovani
marocchine difficilmente potevano sottrarsi in quanto la violenza è uno stigma e
un disonore che ricade sulla donna, non più vergine e destinata a restare
nubile, anziché sul maschio delinquente. Di fatto in virtù di tale norma i
giudici e la famiglia hanno sempre preferito "giungere a un accordo"
col violentatore per "evitare lo
scandalo" piuttosto che punire.
AMINA FILALI
L’abrogazione della
norma avviene a due anni dal suicidio di Amina Filali, la sedicenne
marocchina che nel marzo del 2012 si tolse la vita perché non poteva più tollerare di vivere insieme al marito che la maltrattava e che era stata costretta a sposare in virtù
delle ”nozze riparatrici". Un gesto il suo che fece il giro del mondo e scosse
profondamente il paese portando in piazza lo sdegno e la mobilitazione di molti
marocchini, donne e uomini, movimenti femminili e dei diritti umani e costrinse
la società marocchina a rompere il silenzio e a parlare dei propri tabù.
Per inciso va detto che in
Italia la norma sulle ”nozze riparatrici" contenuta nell’art. 544 del codice penale venne abrogata solo nel
1981, ben sedici anni dopo (!) il clamore sollevato dal caso della giovane
siciliana Franca Viola che rifiutò
il matrimonio riparatore col suo violentatore.
Un anno prima del suicidio di Amina, nel
febbraio del 2011, un’altra donna marocchina si era tolta la vita dandosi fuoco
per denunciare col suo gesto estremo le condizioni sociali e le ingiustizie che
subiscono in Marocco le ragazze madri. Fadoua Laroui era nubile e madre di due figli, uno
status che in Marocco equivale a quello di prostituta. Per
anni sopportò questo stigma sociale, ma non poté sopportare l’ingiustizia di
vedere distrutta la baracca in cui viveva e vedersi negato il diritto ad un
alloggio sociale per sé e per i suoi figli, diritto che le veniva negato in
quanto madre single.
DIGNITA’ E GIUSTIZIA
I gesti disperati
di Amina e Fadoua che chiedevano dignità e giustizia hanno alzato il livello della protesta e l’impegno del mondo femminile marocchino verso riforme più radicali che rendano la legislazione marocchina
conforme al dettato dell’art.19 della Costituzione: “Gli uomini e le donne godono di pari
diritti umani e libertà di civili, politici, economici, sociali, culturali e
ambientali, come indicato in questa e altre disposizioni della Costituzione,
così come le convenzioni e patti debitamente ratificati dal Regno e che, in
conformità con le disposizioni della Costituzione, delle costanti e le leggi
del Regno.
Il governo marocchino sta lavorando per raggiungere la parità tra uomini e donne”
Il governo marocchino sta lavorando per raggiungere la parità tra uomini e donne”
Nel 2004 venne
introdotta la riforma del Codice di Famiglia (Moudawana). Una storica vittoria per il movimento femminista
marocchino che si batte per l’emancipazione della donna in Marocco.
Rispetto al testo
che vigeva dal 1957, il Codice riformato introduceva sostanziali differenze
come: l’abolizione del wali (tutore – generalmente il padre o il fratello
maggiore della sposa, che doveva esprimere il proprio consenso al matrimonio);
il divorzio consensuale; la ripartizione dei beni matrimoniali; il diritto
materno alla tutela dei figli o al domicilio familiare in caso di divorzio; il
vincolo del benestare della donna alla poligamia del marito; Il limite di età per il matrimonio, passato da 15 a 18 anni per arginare i matrimoni imposti e combinati.
A dieci anni dalla riforma tuttavia emergono limiti e difetti di un Codice che
ancora incontra resistenze e che, al tempo stesso, non basta più a coprire le
esigenze di una società che muta.
Oggi numerose associazioni femminili lamentano la mancata applicazione in sede giudiziaria di molte delle norme previste dal Codice riformato, come, per esempio, quella sull'età per contrarre matrimonio: nel 2007 i giudici hanno autorizzato circa l'85% di matrimoni precoci.
Oggi numerose associazioni femminili lamentano la mancata applicazione in sede giudiziaria di molte delle norme previste dal Codice riformato, come, per esempio, quella sull'età per contrarre matrimonio: nel 2007 i giudici hanno autorizzato circa l'85% di matrimoni precoci.
Peraltro il codice sembra
oggi già invecchiato e i prossimi passi saranno
quelli che chiederanno di rivedere le
norme sulla poligamia (da tempo proibita in Tunisia), sulla violenza domestica e sulla ripartizione egualitaria
dell’ eredità.
Un cammino irto di ostacoli, come dimostrano le minacce di morte fatte a Driss Lachgar, segretario socialista marocchino, per aver proposto l'abolizione della poligamia.
Un cammino irto di ostacoli, come dimostrano le minacce di morte fatte a Driss Lachgar, segretario socialista marocchino, per aver proposto l'abolizione della poligamia.
Leggi anche, su questo blog, ASMA LAMRABET e SOUHEIR KATKHOUDA in atti del Seminario
organizzato da Casa Africa, "Islam e Femminismo, Stereotipi Occidentali e Complessità dell'Universo Femminile Islamico", Sanremo, 12 maggio 2012.
mg
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