febbraio 04, 2014

MAROCCO. Amina Filali e Fadoua Laroui. Dignità e Giustizia per le donne a costo della vita.




Il 22 gennaio scorso il Parlamento marocchino ha votato all'unanimità l’abrogazione del  paragrafo contenuto nell’art. 475 del codice penale relativo alle così dette "nozze riparatrici" che consentiva a chi avesse abusato di una minore di evitare il carcere ove avesse sposato la sua vittima. 

Una norma questa dettata a salvaguardia dell’”onore della famiglia” e a cui le giovani marocchine difficilmente potevano sottrarsi in quanto la violenza è uno stigma e un disonore che ricade sulla donna, non più vergine e destinata a restare nubile, anziché sul maschio delinquente. Di fatto in virtù di tale norma i giudici e la famiglia hanno sempre preferito "giungere a un accordo" col violentatore per  "evitare lo scandalo" piuttosto che punire.


AMINA FILALI

L’abrogazione della norma avviene a due anni dal suicidio di Amina Filali,  la sedicenne marocchina che nel marzo del 2012 si tolse la vita perché non poteva più tollerare di vivere insieme al marito che la maltrattava e che era stata costretta a sposare in virtù delle ”nozze riparatrici". Un gesto il suo che fece il giro del mondo e scosse profondamente il paese portando in piazza lo sdegno e la mobilitazione di molti marocchini, donne e uomini, movimenti femminili e dei diritti umani e costrinse la società marocchina a rompere il silenzio e a parlare dei propri tabù.



Per inciso va detto che in Italia la norma sulle ”nozze riparatrici" contenuta nell’art. 544 del codice penale venne abrogata solo nel 1981, ben sedici anni dopo (!) il clamore sollevato dal caso della giovane siciliana Franca Viola che rifiutò il matrimonio riparatore col suo violentatore.


FADOUA LAROUI

Un anno prima del suicidio di Amina, nel febbraio del 2011, un’altra donna marocchina si era tolta la vita dandosi fuoco per denunciare col suo gesto estremo le condizioni sociali e le ingiustizie che subiscono in Marocco le ragazze madri. Fadoua Laroui era nubile e madre di due figli, uno status che in Marocco equivale a quello di prostituta. Per anni sopportò questo stigma sociale, ma non poté sopportare l’ingiustizia di vedere distrutta la baracca in cui viveva e vedersi negato il diritto ad un alloggio sociale per sé e per i suoi figli, diritto che le veniva negato in quanto madre single.



DIGNITA’ E GIUSTIZIA

I gesti disperati di Amina e Fadoua che chiedevano dignità e giustizia hanno alzato il livello della protesta  e l’impegno del mondo femminile marocchino verso riforme più radicali che rendano la legislazione marocchina conforme al dettato dell’art.19 della Costituzione: “Gli uomini e le donne godono di pari diritti umani e libertà di civili, politici, economici, sociali, culturali e ambientali, come indicato in questa e altre disposizioni della Costituzione, così come le convenzioni e patti debitamente ratificati dal Regno e che, in conformità con le disposizioni della Costituzione, delle costanti e le leggi del Regno. 
Il governo marocchino sta lavorando per raggiungere la parità tra uomini e donne”


Nel 2004 venne introdotta la riforma del Codice di Famiglia (Moudawana). Una storica vittoria per il movimento femminista marocchino che si batte per l’emancipazione della donna in Marocco.

Rispetto al testo che vigeva dal 1957, il Codice riformato introduceva sostanziali differenze come: l’abolizione del wali (tutore – generalmente il padre o il fratello maggiore della sposa, che doveva esprimere il proprio consenso al matrimonio); il divorzio consensuale; la ripartizione dei beni matrimoniali; il diritto materno alla tutela dei figli o al domicilio familiare in caso di divorzio; il vincolo del benestare della donna alla poligamia del marito; Il limite di età per il matrimonio, passato da 15 a 18 anni per arginare i matrimoni imposti e combinati.

A dieci anni dalla riforma tuttavia emergono limiti e difetti di un Codice che ancora incontra resistenze e che, al tempo stesso, non basta più a coprire le esigenze di una società che muta.

Oggi numerose associazioni femminili lamentano la mancata applicazione in sede giudiziaria di molte delle norme previste dal Codice riformato, come, per esempio, quella sull'età per contrarre matrimonio: nel 2007 i giudici hanno autorizzato circa l'85% di matrimoni precoci.  

Peraltro il codice sembra oggi già invecchiato e i prossimi passi saranno quelli che chiederanno di rivedere le norme sulla poligamia (da tempo proibita in Tunisia), sulla violenza domestica e sulla ripartizione egualitaria dell’ eredità. 
Un cammino irto di ostacoli, come dimostrano le minacce di morte fatte a Driss Lachgar, segretario socialista marocchino, per aver proposto l'abolizione della poligamia. 



Leggi anche, su questo blog, ASMA LAMRABET e SOUHEIR KATKHOUDA in atti del Seminario organizzato da Casa Africa, "Islam e Femminismo, Stereotipi Occidentali e Complessità dell'Universo Femminile Islamico", Sanremo, 12 maggio 2012.


mg

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.