Il
giovane popolo della “Terra degli uomini integri” (Burkina Faso) ha messo fine ai 27 anni del regime neoliberista di
Blaise Compaoré che ha portato il paese alla miseria.
Il
Burkina Faso è stato incluso dall'ONU tra i 25 più poveri Stati del mondo,
sebbene sia il secondo paese produttore di cotone dell’Africa sub-sahariana e
il quinto produttore d’oro della regione.
Un
anno fa l’Agenzia Fides denunciava le condizioni in cui si trova il paese: “Il
46,4% della popolazione burkinabé ha meno di 15 anni, il 59,1% ha meno di 20 anni.
Questa gioventù (...) è insoddisfatta e smarrita a causa dell’assenza di modelli
sociali. L’immagine di chi esercita il potere è offuscata dalla corruzione e
dal clientelismo (...). Il 43,9% della popolazione vive al di sotto della soglia
di povertà, e la ricchezza è detenuta da un piccolo gruppo, che si spartisce il
potere politico e finanziario, attraverso la corruzione e l’uso a fini personali
dei beni dello Stato (Fonte: Agenzia Fides)
Il 30 ottobre scorso Blaise
Campaorè si è dimesso ed è stato costretto alla fuga
dopo cruente rivolte popolari che hanno portato all'occupazione e all'incendio del
parlamento, all'occupazione della Radio e della Televisione, alla chiusura dell’aeroporto
e all'occupazione di altri centri nevralgici per la vita politica del paese. Rivolte
che sono costate la vita ad almeno 30 manifestanti (Fonte: Greenreport)
Ma l’esito della
rivoluzione
che Emile Pargui Pare, esponente del partito di opposizione Movement of People
for Progress (Mpp), ha detto essere "la nostra primavera" battezzandola "Primavera Nera", è ancora incerto dopo che alla rivolta popolare è seguito un colpo di stato militare che ha messo al
potere il colonnello Isaac Zida, numero due della guardia presidenziale, un corpo
d’elite ben armato e ben pagato, creato dallo stesso Compaoré. Zida avrebbe il compito
di creare un governo di transizione per portare il paese a libere elezioni entro12
mesi.
L'opposizione
e la società civile hanno rivolto un
appello alla popolazione perché scenda in piazza per chiedere che la transizione
democratica non sia gestita dai militari. Invocano a gran voce Kwamé Lougué, ex ministro della difesa rimosso dal suo incarico nel 2003 perché accusato di
voler deporre Compaorè. Lougué
sarebbe però stato fermato (non si capisce ancora bene da chi) a Ouagadougou
mentre stava tentando di raggiungere piazza della Nazione, nel cuore della
capitale per unirsi ai manifestanti.
Chi è Blaise Compaoré l'uomo
che i burkinabè
non vogliono più come
presidente
E’
stato presidente del Burkina Faso dal 1987, anno in cui salì al potere grazie a
un cruento colpo di Stato finanziato dalla Francia, dalla Libia e dagli Stati
Uniti e sostenuto dai signori della guerra dell'area, il sanguinario liberiano
Charles Taylor e Idriss Déby (Fonte: Panorama).
Dopo
esserne stato ministro e amico fu Compaoré a tramare e organizzare il colpo di
stato contro Thomas Sankara, il carismatico presidente burkinabè (1983-1987) che
aveva imboccato una via autonoma allo sviluppo osteggiata sistematicamente da
Banca Mondiale e FMI e che venne assassinato, secondo numerose testimonianze, proprio su mandato del deposto presidente.
Salito
al potere Compaoré ha dato alla sua politica economica il forte impulso liberista
preteso dal FMI ed è diventato stretto alleato di Stati Uniti e Francia. Il
Burkina Faso ospita una base militare francese e basi aeree per i droni spia americani che volano principalmente sul Mali e sul Niger, paesi con cui Il Burkina Faso confina e
che sono strategicamente importanti per gli interessi economici occidentali e
in particolare della Francia, ex potenza coloniale (v. il nostro post Mali. Le verità della guerra).
Chi è Thomas
Sankara, il presidente tradito da Compaoré
Thomas
Sankara ha governato il Burkina Faso per
quattro anni (1983-1987) durante i quali è stato alla ricerca del riscatto per
un intero continente: “L’Africa agli africani” (Sankara e il sogno africano di
Carlo Batà, Leggi tutto )
Una
figura rivoluzionaria rispetto all’atteggiamento accondiscendente di tanti
altri leader africani verso le nazioni straniere; rivoluzionaria rispetto ai
diktat di potenze egemoni come la Francia e gli Stati Uniti. Sankara denunciava i ricatti delle potenze
occidentali e invitava i governi africani a non sottostare alle regole delle nazioni straniere e al liberismo globale, causa principale della povertà nei
paesi del Sud del mondo. Povertà alimentata ad hoc dalle nazioni occidentali
per continuare ad accaparrarsi in maniera indiscriminata delle ricchezze
dell’Africa (Fonte: Missioni Africane. org. )
Thomas Sankara aveva
uno stipendio presidenziale in linea con quello degli impiegati statali di
basso livello. Tagliò le retribuzioni di generali, ministri, alti funzionari.
Distribuì la terra ai contadini. Era un uomo integro, che pagò con la vita la
sua integrità e il sogno di riconquistare la sovranità economica per il suo
Paese, saccheggiato dai colonialisti e obbligato a antieconomiche monoculture
in mano alle multinazionali francesi.
Sotto
la sua presidenza Sankara promosse numerose donne a ministro o ai vertici delle
forze armate, incoraggiò le donne a ribellarsi al maschilismo e a rimanere a
scuola in caso di gravidanza, fu il primo presidente africano a mettere in
guardia la popolazione dai rischi dell'AIDS, invitando i suoi compatrioti a
prendere dei contraccettivi, abolì la poligamia e vietò l'infibulazione (Fonte: Panorama)
Per
ridare impulso all’economia decise che il suo paese doveva contare sulle proprie forze e vivere
all’africana, senza farsi abbagliare dalle imposizioni culturali provenienti
dall’Europa: “Non c’è salvezza per il nostro popolo se non voltiamo
completamente le spalle a tutti i modelli che ciarlatani di tutti i tipi hanno
cercato di venderci per anni”. “Consumiamo burkinabè”, si leggeva sui muri
della capitale.
Durante
i suoi quattro anni di presidenza Sankara aveva invitato i Paesi africani a non
pagare il debito estero per concentrare gli sforzi su una politica economica
che colmasse il ritardo imposto da decenni di dominazione coloniale.
Celebre
è rimasto il discorso sul debito che
tenne nel 1986, durante i lavori della 25esima
sessione dell’Organizzazione per l’Unità
Africana (OUA) tenutasi a Addis Abeba, pochi mesi prima di essere assassinato: “Noi siamo estranei alla creazione di questo
debito e dunque non dobbiamo pagarlo. […] Il debito nella sua forma attuale è
una riconquista coloniale organizzata con perizia. […] Se noi non paghiamo, i
prestatori di capitali non moriranno, ne
siamo sicuri; se invece paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne
altrettanto certi”:
Leggi anche, su questo blog:
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Mali. "Ridare il Mali ai maliani". L'appello di Aminata Traoré, ex ministra della cultura
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mg
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