La Siria sta scomparendo a causa di una guerra che è costata più di 470mila vittime
dall'inizio del conflitto (2011). In
totale, ad oggi oltre l'11,5% della popolazione è morta oppure è
rimasta ferita. La metà della popolazione è sfollata. Sono dati agghiaccianti che misurano la tragedia: 1,9 milioni
di feriti, l'aspettativa di vita è passata dai 70 ai 55 anni. A fornire questo quadro
è un rapporto del Syrian Centre for Policy Research .
Non sono però soltanto i bombardamenti e l'artiglieria a
produrre tanta devastazione, ma anche la mancanza di cibo e medicinali, la fame
e le malattie causate dall’embargo messo in atto dalla comunità internazionale (Europa
compresa), embargo contro cui si sono levate le voci dell’intero mondo cristiano
siriano (stop all'assedio del popolo siriano)
Il tutto per un pugno di
gasdotti:
quattro giganteschi progetti che hanno scatenato la competizione globale delle
principali potenze.
Qui sotto vi proponiamo l’articolo pubblicato lo scorso
settembre dal sito ilprimatointernazionale.it in cui vengono elencati
progetti e paesi competitori.
“Doha, Qatar, 12 set – Nel pieno delle crisi, soprattutto quelle
che includono confronti armati e catastrofi umanitarie, è spesso facile
dimenticare le ragioni che le hanno prodotte e ne sostengono gli sviluppi. Non
fa eccezione quella siriana, dall’avvento dell’Isis estesa all’Iraq.
I fondamentali della tragedia che si protrae dal 2011 sono in
realtà abbastanza evidenti: in fondo, si
tratta di una competizione globale per il controllo delle vie del gas in
cui non si è fatto risparmio dell’uso di alcun mezzo, per terribile che possa
essere.
L’Unione Europea, in questo quadro, si configura come un attore
relativamente passivo, in qualità di “cliente finale” del gas naturale,
attualmente legata mani e piedi alla Russia anche in virtù della propria
produzione rapidamente declinante, da quella un tempo ricca del Mare del Nord a
quella già modesta ma significativa e oggi irrilevante dei campi
dell’Adriatico.
Nel tentativo di diversificare gli approvvigionamenti, sia per
ragioni strategiche alimentate da Washington, sia per motivi riconducibili ai
legami sempre più stretti di Mosca con Pechino, e nella previsione di una
crescita del proprio fabbisogno, che potrebbe essere anche priva di reale
fondamento e comunque contraria agli stessi interessi europei, si sono trovati in competizione quattro
giganteschi progetti.
Il primo di questi, che avrebbe legato
ancora di più l’Europa alla Russia, era il South
Stream, attraverso il Mar Nero e la Grecia, fatto fallire da Bruxelles
sotto le pressioni americane (e con il succedaneo Turkish Stream già in grosse
difficoltà).
Il secondo è il Nabucco
Pipeline,
dal Caspio e attraverso Armenia e Turchia, sponsorizzato da oltre-atlantico,
che tuttavia prevede un investimento insostenibile finché sarà basato soltanto
sui campi dell’Azerbaijan.
Il terzo è il Islamic
Pipeline,
o Gasdotto Islamico, dal sud dell’Iran (campo principale di South Pars,
confinante con il North Field del Qatar), attraverso Iraq e Siria, in grado di
raccogliere anche il gas qatariota ed eventualmente quello saudita prelevato in
Qatar.
Il quarto è il Gasdotto
Qatar-Turchia, attraverso Arabia Saudita, Giordania, Siria e Turchia, in grado
di raccordarsi con il Nabucco e di raccogliere- a monte – anche il gas iraniano
e – lungo il percorso – l’eventuale gas saudita.
Quale prima conseguenza, il gasdotto Nabucco ha bisogno, per la
propria realizzazione a guida Usa, del gasdotto Qatar-Turchia, che a sua volta
potrebbe convogliare in futuro anche l’eventuale gas saudita. Questa è l’unica
opzione sostenuta da Washington, che realizzerebbe, direttamente e per
interposti alleati di ferro, un controllo americano diretto su una fondamentale
arteria di rifornimento per l’Europa.
Quale seconda conseguenza, la realizzazione del Gasdotto
Islamico, alternativo a quello Qatar-Turchia, oltre a tagliare fuori
l’insignificante Nabucco, lascerebbe nella mano iraniana alleata della Russia
la fondamentale gestione a monte, e alla Siria, alleata – sotto il governo di
Bashar El-Assad, sia dell’Iran che della Russia, il controllo della tratta
finale prima del Mediterraneo.
Quale terza conseguenza, in ragione dei ricchissimi diritti di
transito, all’Iraq converrebbe decisamente la realizzazione del gasdotto
Islamico proveniente dall’Iran (sciita, come la maggioranza degli iracheni e
sempre più alleato di Baghdad), mentre ad Ankara converrebbe la realizzazione
del gasdotto Qatar-Turchia, doppiamente in quanto questo si porterebbe dietro
anche il Nabucco e il suo migliaio di chilometri di passaggio sul territorio
turco.
Il rifiuto della Siria,
tra il 2010 e il 2011, di consentire il passaggio sul proprio territorio del
gasdotto Qatar-Turchia è da solo del tutto sufficiente a spiegare le origini
del tentativo di sovvertimento del regime di Assad, al quale non possono essere
imputate persecuzioni o anche discriminazioni etniche o religiose, né una
malagestione dell’economia interna di natura socialista. (v.anche EL PAIS. La guerra de gasoductos que se esconde tras el conflicto sirios).
Così come questa mortale competizione spiega il sostegno ai
tagliagole del cosiddetto Esercito libero siriano, ad Al-Nusra (Al-Quaida in
Iraq e Siria) e infine all’Isis da parte degli Stati Uniti, degli Stati del
consiglio di cooperazione del golfo (Gcc) dominato da Arabia Saudita e Qatar,
con la partecipazione più defilata della Giordania e quella invece sempre più
diretta di Israele, di fatto alleato del Gcc oltre che ovviamente degli Usa,
infine della Turchia anche col doppio scopo di colpire i Curdi.
Al contrario, il coinvolgimento crescente dell’Iran a sostegno
del legittimo governo siriano, sia direttamente sia attraverso la formazione
libanese di Hezbollah, e il più recente intervento – almeno in forma diretta –
della Russia, tanto attivo da suscitare la concreta preoccupazione per un
confronto diretto con le forze americane e degli altri Stati avversi al regime
di Assad, possono vedersi più chiaramente alla luce degli interessi di questi
paesi nel quadro della competizione per i gasdotti.
Ci si potrebbe chiedere se la posta in gioco valga la pena
infernale di centinaia di migliaia di vittime civili e milioni di profughi tra
reali e potenziali. Pare proprio di si, almeno sul freddo piano economico.”...(continua a leggere)
di Francesco Meneguzzo, pubblicato da ilprimatonazionale.it
Per approfondire:
* Padre Daniel Maes. Cinque anni di sofferenza e di menzogne; Un giorno anche i sassi grideranno la verità
* Sharmine Narwani. La narrazione che ha ucciso il popolo siriano
* Mons. Nazzaro, già vescovo emerito di Aleppo († 2015). La vera ragione della guerra alla Siria; La primavera siriana, dai prodromi al califfato
* Samir Khalil, gesuita islamologo.Combattere lo stato islamico non Assad
* Mons. Khazen, vicario apostolico di Aleppo dei Latini. In Siria non esiste opposizione moderata
* Armi chimiche. Anche il MIT smentisce Obama & C. sull'attacco chimico a Ghouta; Non fu la Siria a usare le armi chimiche
mg
Per approfondire:
* Padre Daniel Maes. Cinque anni di sofferenza e di menzogne; Un giorno anche i sassi grideranno la verità
* Sharmine Narwani. La narrazione che ha ucciso il popolo siriano
* Mons. Nazzaro, già vescovo emerito di Aleppo († 2015). La vera ragione della guerra alla Siria; La primavera siriana, dai prodromi al califfato
* Samir Khalil, gesuita islamologo.Combattere lo stato islamico non Assad
* Mons. Khazen, vicario apostolico di Aleppo dei Latini. In Siria non esiste opposizione moderata
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mg
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