In questo articolo ,
pubblicato da Asianews, il resoconto delle conclusioni del congresso. Più sotto alcuni cenni sul sistema
teocratico dell'Arabia Saudita.
“La notizia è passata
sotto silenzio, ma è foriera di importanti sviluppi: il wahhabismo, la
dottrina alla base dell’islam praticato in Arabia saudita e finanziata in molte
parti del mondo grazie a Riyadh, non fa parte del sunnismo. Esso sarebbe una
“deformazione” dell’islam che porta all’estremismo e al terrorismo. È necessario perciò “un
cambiamento radicale per poter ristabilire il vero senso del sunnismo”. In
Arabia saudita si passa già al contrattacco nel timore che questo sia il primo
passo per “mettere al rogo” il Paese e i suoi imam.
La stupefacente
dichiarazione è emersa nel comunicato finale di un congresso tenuto a Grozny
(Cecenia) il 25-27 agosto scorsi. Il congresso ha radunato circa 200 dignitari religiosi
islamici, dottori coranici e pensatori islamici da Egitto, Siria, Giordania,
Sudan, Europa. Fra questi vanno citati personalità come il grande imam di
Al-Azhar, Ahmed al-Tayeb; il gran Mufti d’Egitto, Cheikh Chawki Allam; il
consigliere del presidente egiziano e rappresentante del Comitato religioso al
parlamento del Cairo, Cheikh Oussama al Zahri; il gran Mufti di Damasco Abdel
Fattah al Bezm; il predicatore yemenita Ali al Jafri; il pensatore Adnan
Ibrahim e molti altri. Lo scopo dell’incontro era cercare di definire
l’identità “delle genti del sunnismo e della comunità sunnita”, davanti alla
crescita del terrorismo takfirista-wahhabita che pretende di rappresentare
l’islam e che soprattutto si vuole affermare come il rappresentante legittimo
del sunnismo.
Nel comunicato finale, i
partecipanti hanno precisato che “le genti del sunnismo e coloro che
appartengono alla comunità sunnita sono gli Ashariti e i Maatiriditi, sia a
livello della dottrina che al livello delle quattro scuole della giurisprudenza
sunnita, e anche i sufi, sia a livello di conoscenza che a quello della morale
dell’etica”. Come si vede dalla lista delle “genti del sunnismo” viene escluso
il wahhabismo salafita predicato dall’Arabia saudita. L’esclusione di
questo ramo dell’islam – si spiega - è dovuto alla necessità di “un cambiamento
radicale per poter ristabilire il vero senso del sunnismo, sapendo che questo
concetto ha subito una pericolosa deformazione in seguito agli sforzi degli
estremisti di svuotare il suo senso per impossessarsene e ridurlo alla loro
percezione”. Una posizione così dura ed esclusiva non è nuova anche se
è la prima volta che appare in modo esplicito la posizione anti-wahhabita. Il
grande imam di Al Azhar, lo scorso anno, proprio alla Mecca, aveva domandato che si
iniziasse una riforma dell’islam per escludere le interpretazioni fondamentaliste
e i loro "concetti falsi e ambigui", oltre che violenti.
Le vie per riformare
l’islam
Al congresso di Grozny
sono emerse anche alcune indicazioni per correggere la piega attuale che pesa
sull’islam. Si propone di creare una catena televisiva in Russia [in
contrasto con al Jazeera] per “far giungere ai cittadini un messaggio veridico
dell’islam e per lottare contro l’estremismo e il terrorismo”. Si raccomanda
anche di istituire “un centro scientifico in Cecenia per sorvegliare e studiare
i gruppi contemporanei… che permetterà di rifiutare e criticare in modo
scientifico il pensiero estremista”. La proposta è che il centro venga chiamato
col nome di “Tabsir” (chiaroveggenza). Si suggerisce pure di “ritornare
alle scuole della grande conoscenza” (la prestigiosa Al Azhar, la Qarawiyinne e
Zaytouna in Tunisia, la Hadermouth), escludendo le istituzioni religiose
saudite, in particolare l’università islamica di Medina. Infine si mettono
a disposizione delle borse di studio per coloro che sono interessati a studiare
la sharia, cercando di contrastare i finanziamenti che l’Arabia saudita eroga
in questo campo.
L’Arabia saudita al
contrattacco
Il wahhabismo è nato nel
XVIII secolo ed è una dottrina sunnita radicale e letteralista fondata da
Mohammad ibn Abd al-Wahhab, e utilizzata dall’iniziatore del regno saudita,
Mohammed bin Saoud. Esso propone l’uso della violenza contro tutti i nemici
dell’islam, compresi i musulmani che non condividono quella interpretazione
(takfirismo). L’Arabia saudita, soprattutto dagli anni ’70 in poi, ha lanciato
campagne di proselitismo in Asia e in Africa (e in seguito anche in Europa) per
diffondere tale interpretazione dell’islam, costruendo moschee e scuole
coraniche, e inviando i suoi predicatori. La reazione dell’Arabia
saudita non si è fatta attendere. Il giornale al-Manar (libanese) cita il
lancio di una campagna mediatica senza precedenti che fa leva sul patriottismo,
per difendere “l’attentato alla nostra nazione”. Si cerca di umiliare anche
Ahmed al-Tayeb, ricordando che il grande imam di Al Azhar “si è abbeverato per
molto tempo” della sapienza degli ulema sauditi” e ora “in alleanza con Putin…
vuole escludere l’Arabia saudita dal mondo musulmano”. Il congresso di
Grozny è bollato come “deludente” e il presidente ceceno Ramzan Kadyrov, che
l’ha ospitato, è accusato di essere “un sufi delirante”. L’imam e
predicatore della moschea del re Khaled a Riyadh ha commentato: “La conferenza
della Cecenia ci deve servire da campanello d’allarme: il mondo sta per
accendere il rogo per bruciarci”.
I commenti
Interrogato da AsiaNews
sulla conferenza di Grozny, p. Samir Khalil Samir, gesuita e islamologo non
nasconde la sua soddisfazione: “Finalmente! È un fatto davvero straordinario.
L'Egitto sembra essere stato l'iniziatore. Comunque è finalmente
l'applicazione della richiesta fatta nel
dicembre 2014 dal presidente al-Sisi all'Università Al-Azhar del Cairo, che non
aveva avuto nessuna applicazione finora". “E’ anche interessante – continua - il
fatto che si sia tenuto a Grozny: una città islamica di meno di 300mila
abitanti, capitale della Cecenia, facendo parte della Russia, di tendenza
laica. Ma cosa più straordinaria è la costituzione di quest'assemblea, molti
dei quali sono legati proprio al wahhabismo!” Agli occhi dei musulmani,
forse proprio quest’ultimo aspetto rende meno credibile il “divorzio” fra
sunnismo e wahhabismo. Kamel Abderrahmani, musulmano, linguista e studioso
dell’islam, commenta ad AsiaNews: “Se si guarda bene e si analizza in modo
minuzioso la corrente sunnita, non vedremo alcuna differenza fondamentale fra
l’uno e l’altro. Malgrado il divorzio proclamato la settimana scorsa, io rimango
fermo nel dire che la corrente sunnita e la corrente wahhabita sono identiche.
La sola differenza sta nel nome”.
Arabia Saudita e wahhabismo
Ibn Sa‛ud, Muhammad, fondatore
della dinastia reale saudita, strinse nel 1744 con Abdel al-Wahhab, iniziatore
del movimento fondamentalista islamico, un’alleanza per liberare con la forza
delle armi saudite la Penisola arabica dalle influenze che corrompevano la
religione, in cambio della legittimazione del primato della propria dinastia
sulle altre tribù arabe. Lo Stato teocratico che ne derivò, basato sull’islam
riformato, fu il modello dello Stato saudita moderno.
La forma di governo dell'Arabia Saudita è la monarchia assoluta,
governata dai discendenti del sultano del Najd, ʿAbd al-ʿAzīz Āl Saʿūd
(Dinastia Saudita) che nel 1924-1925, con l’appoggio britannico, mosse alla
conquista del Hijaz assicurandosi il controllo dei luoghi santi della Mecca, e
nel 1927 ottenne dalla Gran Bretagna l’indipendenza del regno (Trattato di
Jedda). La scoperta nel 1938 di ingenti giacimenti petroliferi nel Najd,
sfruttati grazie ai capitali e ai tecnici americani, ha reso l’Arabia Saudita
il principale produttore di greggio. L’Arabia saudita è ancora oggi il principale
alleato mediorientale degli Stati Uniti. Enciclopedia Treccani.it
(Dizionario-di-Storia).
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A questo proposito è bene rilevare quanto il sistema
penale dell’Arabia Saudita sia del tutto simile a quello del sedicente Stato
Islamico (ISIS) (vedi l'articolo di
Linkiesta).
Nel regno saudita le donne
devono avere il consenso di un tutore di sesso maschile il "male guardian", che sia il padre, il fratello o un altro parente, per sposarsi,
per ottenere il passaporto, per viaggiare all'estero, per affittare una casa e
spesso anche per lavorare o studiare. Alle donne è fatto divieto di guidare.
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