Nuovo giro di vite in Arabia
Saudita contro le donne al volante, un comportamento considerato una forma eccessiva
di emancipazione femminile. Dovranno comparire davanti ad un tribunale che si
occupa di «terrorismo» le due militanti arrestate recentemente per aver difeso
il diritto delle donne a guidare. Una delle due donne è Loujain Hathloul, che
era stata arrestata il primo dicembre, dopo essere stata fermata alla frontiera
tra l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti da dove proveniva a bordo di
un’auto. La seconda è la giornalista Maysaa Alamoudi, anche lei saudita ma
trasferitasi negli Emirati, arrestata per aver difeso Loujain. «Il loro caso
sarà portato davanti ad un tribunale anti-terrorismo», ha detto un attivista
precisando che i loro avvocati sono pronti a ricorrere in appello. Le due donne hanno creato un programma su Youtube contro il divieto per le
donne di stare al volante (leggi la notizia).
Da anni le donne saudite
hanno iniziato forme di mobilitazione per il diritto di guidare, che altro non
significa che il diritto di condurre la propria
vita.
Nel giugno 2011, sull’onda
della primavera araba, vi è stata la prima mobilitazione ufficiale delle donne contro il divieto di guidare. La
mobilitazione è andata avanti nonostante l'arresto dell'organizzatrice, Manal al-Sharif.
Un anno fa, ad ottobre del
2013, le donne saudite hanno lanciato la campagna per il diritto a guidare. La
campagna "26 ottobre" ha visto aumentare
considerevolmente la presenza femminile al volante per le strade del regno,
mentre la petizione che chiede di togliere tale divieto ha raccolto migliaia di
firme.
Attivisti e militanti - anche
uomini - hanno incoraggiato le loro compagne a mettersi alla guida delle auto e
a postare su Twitter le loro immagini mentre guidano sotto l’hashtag
«#IWillDriveMyself».
Da quel giorno attiviste del
movimento femminile saudita hanno postato sul web dei video che documentavano varie
donne al volante, pur senza precisare dove questo era successo.
L’Arabia Saudita, storico e
fedele alleato dell’occidente nel mondo arabo, è l’unico Stato al mondo in cui
alle donne è vietato guidare. Quelle che hanno bisogno di spostarsi in auto
devono farlo con un autista o con un uomo della loro famiglia. Il divieto si
inquadra nel più ampio sistema normativo in vigore nel paese che priva le donne
dei più elementari diritti e le tratta come soggetti incapaci. Le donne in Arabia Saudita non possono viaggiare,
lavorare o subire interventi medici senza il permesso formale di un maschio di
famiglia, il MALE GUARDIAN - l’uomo guardiano-, generalmente un marito o un
padre, a cui vengono riconosciuti pieni diritti sulle donne della propria
famiglia.
Si tratta di una forma
estrema di patriarcato resa
possibile dall’assenza nel paese di qualsivoglia struttura democratica: l'Arabia
Saudita è infatti una monarchia
assoluta, governata dai discendenti del sultano del Najd, ʿAbd al-ʿAzīz Āl
Saʿūd (Dinastia Saudita). Nel paese non
esistono elezioni parlamentari né esistono partiti politici. Le leggi del
Regno si basano sulla Sharīʿa, e al clero,
in ultima istanza, spetta di decidere la conformità alla legge islamica di
ogni legge o iniziativa presa dal re. Ciò pone la corte reale in un rapporto di
sudditanza nei confronti del clero. Ne deriva che molto difficili risultano i
timidi tentativi che ultimamente il re Abdallah, considerato un “cauto riformatore”, ha tentato di realizzare
per venire incontro alle sollecitazioni di quelle donne che lottano per raggiungere forme elementari di emancipazione e che sempre più numerose si stanno affacciando nel paese nonostante la politica ultrarepressiva.
Nel 2005 il re ha introdotto le elezioni municipali (l'unico
tipo di elezioni permesse) e nel settembre del 2011, sull'onda della primavera
araba, ha annunciato che le donne potranno
votare e addirittura candidarsi a quelle del 2015 (leggi la notizia su osservatorioiraq).
Nel febbraio scorso per la
prima volta nella storia del Paese una donna è stata nominata direttore di un quotidiano nazionale.
Nel marzo scorso a Riad è
stato aperto il primo studio privato di una donna avvocato.
mg
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